La Risurrezione di Manzoni: l’inno del credente alla vita eterna

Il commento di padre Vincenzo Calabrese.

È risorto or come a morte/ La sua preda fu ritolta?/Come ha vinto l’altre porte, / come è salvo un’altra volta/ Quei che giacque in forza altrui?/ Io lo giuro per Colui/ che da’ morti il suscitò/.

È risorto: il capo santo/ Più non posa nel sudario; È risorto: dall’un canto/ Dell’avello solitario/sta il coperchio rovesciato/Come un forte inebbriato/ il Signor si risvegliò.

Non poteva mancare, nella nostra riflessione sulla Pasqua, l’Inno sacro sulla Risurrezione, composto nel 1812, che segna la conversione totale del Manzoni dal calvinismo al cattolicesimo. Una conversione non priva di travaglio spirituale, unica via perché Manzoni potesse riconoscere il figlio di Dio che ha sofferto l’ingiuria e il patibolo della Croce per poi risorgere alla vita e donarci la bellezza che salva il mondo. Proprio in quest’inno, infatti, la creazione poetica del Nostro apre una finestra nel cielo. 

Questo primo Inno sacro, a cui seguiranno Il Nome di Maria (1812-1813); il Natale (1813), La Passione (1813-1814), La Pentecoste (1817), ha momenti di alta bellezza poetica proprio nell’anelito alla fraternità e all’eguaglianza fra gli uomini per i quali il Messia è vissuto, ha predicato ed è morto in croce, sul nudo Golgota.

In questo Inno emerge tutta la gioia di Manzoni di essere cristiano, infatti, per ben tre volte, in pochi versi ottonari in rima alternata o baciata, Manzoni ricrea l’attimo meraviglioso della Risurrezione, gridando per tre volte È risorto.

L’autore ricrea anche la fantastica scena che apparve agli occhi smarriti e increduli delle donne al Sepolcro alle quali l’angelo pronunciò: 

Un estraneo giovinetto/ si posò sul monumento/era folgore l’aspetto/ era neve il suo vestimento/ Alla mesta che ‘l richiese/ diè risposta quel cortese: / è risorto non è qui

Non poteva mancare anche il riferimento alla liturgia quando Manzoni afferma: 

Via co’ pallii disadorni/ Lo squallor della viola: / L’oro usato a splender torni:/ Sacerdote, in bianca stola, Esci ai grandi ministeri, / Tra la luce de’ doppieri, il Risorto ad annunziar.

Il nostro Inno prosegue col riferimento liturgico al rito della Messa che deve parlare solo di gioia. Ma anche il vestito della festa deve cantare alla gioia. 

O fratelli, il santo rito/ sol di gaudio oggi ragiona:/ oggi è giorno di convito; / oggi esulta ogni persona:/ Non è madre che sia schiva / Della spoglia più festiva / I suoi bamboli vestir.

Versi effettivamente impetuosi che esprimono la luce, la grandezza dell’evento e la nostra gioiosa partecipazione.

L’inno si chiude con una strofa che traduce ancora il gaudio della Chiesa, la gioia stessa del popolo redento dalla morte e da quel “surrexit” che evangelicamente riporta l’eccezionale evento della stessa rinascita alla vita dopo la morte: 

O beati! A lor più bello spunta il sol dei giorni santi/ ma che fia di chi rubello / Torse, ahi stolto! I passi erranti/ Nel sentier che a morte guida/ Nel Signor che si confida / Col Signor risorgerà. 

Manzoni riflette l’immortalità del messaggio della Risurrezione anche nell’intreccio dei tempi verbali: presente, passato e futuro. È una realtà, infatti, che sfuma nell’eterno. In quel È risorto non c’è solo il pensiero di un’umanità che risorge dalla selva del peccato alla luce di Dio ma c’è anche la speranza e la fede che trasforma gli uomini. Sempre peccatori ma sempre redenti, sol che essi confidino nel Signore.

Buona Pasqua a tutti.

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