La lussuria: una ricerca malata dell’altro

Chi cade in questo vizio è solo, perché incapace di incontrare l’altro in una relazione d’amore. Primo appuntamento per approfondire il vizio della lussuria.

Il termine lussuria, dal latino luxuria, non si riferisce al lusso ma in generale all’esagerazione e all’eccesso e, in particolare, agli atti e ai comportamenti attinenti alla sessualità. La lussuria è collegata all’istinto di riproduzione e alla sessualità umana in genere.

Essa è strettamente connessa a ciò che la riflessione teologica identifica con concupiscenza. San Tommaso d’Aquino, in Summa Theologiae, scrive che la concupiscenza riguarda un amore di sé che si manifesta attraverso «le cose atte a sostenere la natura del corpo, per la conservazione dell’individuo, come il cibo; o per la conservazione della specie, come i piaceri venerei».

Il piacere sessuale diviene il pensiero dominante o unico e tutto è fatto per il suo soddisfacimento. La lussuria, infatti, non conosce la durata, la fedeltà, l’affetto, la stabilità.  Le pulsioni sessuali cercano di sommergere l’altro, indotto nella fantasia o nella realtà dell’atto sessuale. Il corpo viene desiderato e reso un oggetto per il solo piacere. Il piacere sessuale, così, ridotto a mero erotismo, frammenta il soggetto in pulsioni sessuali, lo rattrista, lo acceca, lo aliena. La lussuria attua una materializzazione della persona e una frammentazione del corpo. L’altro non è riconosciuto nella sua alterità. 

La Sacra Scrittura vede nella lussuria una forma di idolatria, simboleggiata dalla donna straniera (cf. Pr 7,6-27; Sir 6,2-4) e in tutto l’Antico Testamento si possono trovare regole e precetti che classificano i rapporti sessuali come “impurità” e esortazioni contro tali deviazioni e degenerazioni (cf. Gen 19; Dn 13; Ger 5,7-8).

Aristotele definisce questo vizio con i termini di “incontinenza” e “licenziosità” e paragona il lussurioso ad un bambino ribelle all’autorità. San Tommaso lo considera una forma di malattia della mente; ciò è visibile anche nell’episodio di Davide e Betsabea narrato nel secondo libro di Samuele (cf. 2Sam 11-12). L’Aquinate sosteneva che quando la sessualità diventa fine a sé stessa riduce la beatitudine, coinvolgendo tutte le facoltà dell’uomo.

Anche se la lussuria appare come peccato del corpo, in realtà colpisce anche il cuore; essa è un vizio dell’anima. È autodistruttiva perché nega la realtà. Chi cade in questo vizio è solo, poiché incapace di incontrare l’altro in una relazione d’amore. Il lussurioso è una candela che consuma sé stessa.

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