“Uno dei miei figli migliori vive in Cielo”

Il 7 maggio del 2017 don Aniello Nappo fu ordinato sacerdote da papa Francesco nella Basilica di San Pietro. Troppo breve la sua esistenza terrena, ma è ancora vivo il suo ricordo in quanti lo hanno conosciuto e amato. Il ricordo del vescovo Giuseppe.
don Aniello Nappo con papa Francesco – 7 maggio 2017. L’ordinazione sacerdortale nella Basilica di San Pietro

Quattro anni fa, l’11 aprile del 2020, concludeva la sua esistenza terrena il giovane presbitero don Aniello Nappo. Era stato ordinato da papa Francesco appena tre anni prima, il 7 maggio del 2017, nella Basilica di San Pietro. 

«Un presbitero che ha studiato tanta teologia e conseguito più lauree ma non ha imparato a portare la croce di Cristo non serve – aveva detto il Papa nell’omelia il giorno dell’ordinazione -. Sarà un buon accademico, un bravo professore ma non un sacerdote». Don Aniello quella croce l’ha portata piantata nella sua carne e, dopo aver vissuto un lungo venerdì santo, ha reso l’anima a Dio a soli 31 anni.

7 maggio 2017. L’ordinazione sacerdortale nella Basilica di San Pietro

La vocazione

La chiamata al sacerdozio era arrivata in tenera età. Tra i suoi ricordi di bambino c’era la voce della mamma che cantava nella corale della parrocchia del SS.mo Corpo di Cristo a Nocera Inferiore e quella dei nonni che, con semplicità, gli avevano trasmesso le Tradizioni della Chiesa. Primo di tre figli – dopo di lui erano nati i gemelli Diego e Rosaria – don Aniello aveva appena 14 anni quando il seme della vocazione sacerdotale prese forma nel suo cuore, attraverso la preghiera e l’incontro con don Raffaele Ferrentino, in quegli anni parroco di San Matteo Apostolo a Nocera Inferiore e animatore della comunità del propedeutico al Seminario Metropolitano “Giovanni Paolo II” di Pontecagnano Faiano. 

Fu la mamma la prima a raccogliere e custodire le confidenze del suo giovane cuore: «Sapevo che avrebbe capito» raccontò alla vigilia della sua ordinazione diaconale. Con il papà Sabato e gli altri familiari parlò solo qualche anno più tardi. Affrontò i cinque anni di scuola superiore con questo seme piantato dentro, vigilando perché nessuno lo estirpasse.  «Nell’ambiente scolastico e nelle amicizie, c’è sempre qualcuno che cerca di distoglierti» aveva spiegato per poi aggiungere: «Bisogna avere lo stile di colui che è chiamato: penso alla Liturgia delle Ore per scandire il tempo, santificandolo, e alla meditazione della Parola di Dio». 

Due capisaldi della vita spirituale che aveva affinato in Seminario. La vita poi, con il suo carico di mistero, aveva completato la sua formazione umana e spirituale. Una notte, mentre frequentava il secondo anno presso il Seminario metropolitano Giovanni “Paolo II” di Pontecagnano Faiano, la mamma Carolina tornò improvvisamente in Cielo, stroncata da un aneurisma cerebrale, a soli 49 anni. 

Alla vigilia della sua ordinazione diaconale, ricevuta dalle mani del vescovo Giuseppe il 28 giugno del 2016, parlando della sua mamma, aveva detto: «La speranza nella Resurrezione mi ha dato la forza. La Resurrezione è il culmine della nostra fede. Quando sarò sacerdote, mi troverò molte volte davanti al mistero della morte. Ecco perché la mia testimonianza è importante».

Due mesi dopo, sul treno che li riportava a casa da Lourdes, il Vescovo confidò a don Aniello che avrebbe voluto chiedere al Papa di ordinarlo sacerdote. «Mettiamo tutto nelle mani di Dio» rispose fiducioso.

L’annuncio arrivò a sorpresa il 5 gennaio del 2017, al termine della Celebrazione Eucaristica per l’ordinazione diaconale di don Francesco Amarante. Prima della benedizione finale, mons. Giudice annunciò a sorpresa che don Aniello sarebbe stato ordinato sacerdote da papa Francesco, nella Basilica di San Pietro, il 7 maggio di quell’anno. Il giovane scoppiò in lacrime. Quel giorno in Piazza San Pietro la gioia fu incontenibile, a far festa con don Nello c’erano la sua famiglia, alcuni sacerdoti, i seminaristi, gli amici di sempre e quelli conosciuti nelle comunità parrocchiali dove aveva svolto il suo servizio negli anni di formazione. E poi ci furono le parole del Papa – un presbitero che non ha imparato a portare la croce di Cristo non serve – che, a rileggerle oggi, sembrano quasi il suo programma di vita sacerdotale. 

Il ricordo di mons. Giuseppe Giudice

«Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera». Il vescovo Giuseppe sceglie questo versetto del libro della Sapienza, al capitolo 4, per ricordare don Aniello Nappo, a quattro anni dalla morte. «Nel suo breve percorso pastorale aveva fatto già tanto bene, poi il Signore gli ha chiesto di più». Dopo l’ordinazione sacerdotale, infatti, il Vescovo lo aveva nominato amministratore della parrocchia San Francesco di Paola a Pagani. «La sua era una vocazione autentica – aggiunge -, mi voleva bene ed io ne volevo a lui».

Don Aniello con il vescovo Giuseppe

Don Aniello soffriva della stessa patologia cardiaca della mamma. Una mattina non si presentò all’appuntamento per partire per Lourdes. «Andai a casa sua per capire cos’era successo, stava proprio male – ricorda il Pastore diocesano –.  Cominciò un periodo difficile, ha sofferto tanto. L’ho affidato prima all’infermeria dei francescani a Santa Maria degli Angeli. Poi, quando le sue condizioni si sono aggravate, lo trasferimmo presso l’Istituto “Maugeri” di Telese Terme dove è morto».

Per un Vescovo è doloroso fare i conti con la morte di un suo sacerdote. «All’inizio prevale l’idea di aver perso un sacerdote, oggi, dopo aver maturato nella fede l’adesione alla volontà del Signore, mi piace dire che il mio presbiterio si è allargato e uno dei figli migliori è in Cielo». 

Nell’omelia della Messa in suffragio per don Aniello Nappo, celebrata l’11 giugno presso il convento di Sant’Antonio a Nocera Inferiore, mons. Giudice disse: «Per noi la morte non è l’ultima parola, è il passaggio verso la vita che non finisce».

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