Il Santuario di Pompei: «Porto sicuro» dei campani

Intervista a mons. Tommaso Caputo. L’Arcivescovo prelato di Pompei ci parla del suo legame con la Vergine Maria, del ruolo sacramentale del Santuario, della preghiera del Rosario, delle Opere di carità e del fondatore Bartolo Longo.
Mons. Tommaso Caputo con papa Francesco durante la visita del 21 marzo 2015 – foto di Salvatore Alfano

Il campanile del santuario di Pompei svetta nella valle ai piedi del Vesuvio dal 1925. Percorrendo le strade che collegano Napoli a Salerno non si può non notarlo. I rumori potranno anche sovrastare il tintinnio delle otto campane, ma l’opera di Aristide Leonori rappresenta un punto di riferimento unico.

I suoi 80 metri, a cui si aggiungono i 7 metri della Croce illuminata di notte, lo rendono un richiamo e una rassicurazione. Sembra ricordare una delle tante preci devozionali inscritte sulle edicole votive delle nostre città: «O viandante che passi in questa via alza lo sguardo e saluta Maria…». 

Il passante che ne riconosce il simbolo penserà alla Vergine e si segnerà con la Croce. Tanti ne saranno incuriositi, si documenteranno e troveranno la Madre. Molti altri, indifferenti, resteranno impassibili, ma la Mamma li seguirà da lontano per farsi trovare nel momento del bisogno e del rendimento di grazie.

E di grazie la Madonna del Rosario è grande dispensatrice. La sua intercessione presso il Padre è potente. Le migliaia di ex voto esposti nei corridoi e nelle lunette del Santuario ne sono la dimostrazione.

Una grazia anche poter vivere e guidare questa Chiesa particolare campana che ruota intorno al Trono di Maria.

Ne è consapevole mons. Tommaso Caputo, arcivescovo prelato di Pompei dal 2012. 

Eccellenza, cosa rappresenta per lei, per il suo ministero e la sua vita il santuario della Beata Vergine Maria del Rosario?

«Gesù, dal trono della croce, affida Maria a Giovanni e a Giovanni dà Maria come madre. Vivo il mio essere vescovo qui a Pompei con sentimenti di profonda gratitudine per il Signore. Ogni uomo è chiamato a “prendere Maria con sé”, ad accoglierla nella sua casa. È un dono che Cristo fa a tutti. Certo, a Pompei, la preziosità di questo dono si sente ancora di più. Così come si sente la responsabilità di contribuire a portare avanti il carisma del beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario e delle Opere di carità». 

E cosa rappresenta e dice alla nostra terra campana?

«Nella Supplica, parlando del Rosario, Bartolo Longo lo definisce, tra l’altro, “porto sicuro”. Il Santuario è questo per i campani, abitanti di una terra che, per bellezza e ricchezza naturalistica, ha avuto una speciale benedizione da Dio, ma dove non mancano problemi gravissimi: dalla devastazione ambientale in certe parti del territorio alla violenza della criminalità organizzata, dalla dispersione scolastica alla mancanza di prospettive per i giovani». 

Il Santuario è un’oasi di spiritualità, ma anche rifugio per tanti fedeli che arrivano dal circondario e lo eleggono quasi a parrocchia. Come non disperdere questo grande potenziale?

«Se il Santuario continuerà a vivere il carisma di Bartolo Longo, rimanendo fedele alla sua storia. Le strade che percorriamo, e che dovremo sempre percorrere, sono quelle della preghiera, della carità, della riconciliazione, dell’accoglienza e della pace». 

Il ruolo sacramentale dei santuari: in tanti chiedono la Cresima ed è fortissima l’attrazione dei confessionali.

«San Luigi Grignion de Monfort, al quale era devoto Bartolo Longo, diceva: “Ad Jesum per Mariam”. A Gesù arriviamo attraverso Maria e ci torniamo con Maria quando il peccato ci ha fatto allontanare da lui. È un ristoro per il cuore vedere, soprattutto nei giorni festivi, la cappella delle Confessioni piena di fedeli in attesa di accostarsi al sacramento della Riconciliazione. I confessionali sono trenta, ma spesso c’è da aspettare un po’. Quando papa Francesco fu pellegrino a Pompei, il 21 marzo 2015, mi disse, sull’uscio di quella cappella, di esortare i confessori a usare tanta misericordia nell’amministrare il Sacramento».

Il quadro della Madonna del Rosario di Pompei – Foto Siciliani-Gennari/Sir

Ottobre, insieme a maggio, è mese mariano per eccellenza. C’è la Supplica, la festa della Madonna del Rosario. Nell’attuale contesto religioso e sociale come riscoprire e rinnovare l’eccomi di Maria?

«Il contesto religioso e sociale sembra del tutto diverso da quello di oltre duemila anni fa, il tempo di Maria. Il Signore però continua a chiamarci e noi continuiamo a trovarci dinanzi alla scelta di accogliere la sua volontà. È il bivio della nostra vita a prescindere dal momento storico nel quale viviamo. Certo questo è un tempo difficile. I dati sulla partecipazione alla vita parrocchiale o alla Messa domenicale sono impietosi, anche se va detto che il Santuario va in controtendenza. Non solo non si risponde alla chiamata del Signore, ma non si sente più la sua voce. Eppure, lui continua a chiamare. La Supplica, la festa della Madonna del Rosario, aggiungerei la festa del beato Bartolo Longo il 5 ottobre, sono appuntamenti utili a ricordare, agli uomini e alle donne del nostro tempo, che solo il Signore ha parole di vita eterna e solo in lui dimora la felicità che tutti, nessuno escluso, cercano». 

La preghiera del Rosario è tanto antica, quanto attuale. Semplice e profonda. Tanti i santi che avevano sempre una corona in tasca. Noi cattolici dovremmo recitarla più spesso?

«Sì, non c’è dubbio. Dovremmo recitarla più spesso per capire chi siamo. Il Rosario è una sintesi mirabile del Vangelo e recitarlo ci fa ripercorrere la vita di Gesù, accompagnati dalla Madonna. Da Pompei non può che venire l’invito a recitare tante volte il Rosario. Nell’ottobre 1872, al suo primo arrivo, camminando lungo le strade della Valle, allora desolata, il beato Bartolo Longo, ascoltò un’ispirazione interiore: “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario”. Da quel giorno, la diffusione della preghiera del Rosario diventerà il primo scopo della sua esistenza». 

Il santuario è custode di bellezze artistiche e architettoniche. Il compito della Chiesa di custodire ed educare al bello potrebbe essere inteso come gesto di carità e amore verso le future generazioni, affinché nulla vada perduto?

«Dov’è la salvezza se non nella bellezza, che ci restituisce, pur in parte, l’infinita bellezza dell’Alto e Onnipotente Dio? Bartolo Longo ha avuto il coraggio di sognare in grande e di lasciarsi stupire dall’opera di Dio, che si mostrava, giorno dopo giorno, dinanzi ai suoi occhi. Il Beato insegna ai giovani ad avere il coraggio di sognare. Solo sognando ha edificato, insieme alla consorte Marianna Farnararo De Fusco, il Santuario, le Opere di carità, la stessa nuova città di Pompei». 

Campanile santuario di Pompei - foto Insieme
Il profilo del campanile del Santuario di Pompei – foto Insieme

L’anno longhiano è verso la fine. La Madonna del Rosario e Bartolo Longo, un rapporto unico e irripetibile. Traccerebbe un bilancio di queste celebrazioni? 

«I numeri relativi ai pellegrinaggi sono straordinari tanto che è difficile anche “misurare” gli afflussi in Santuario nell’ultimo anno. Ma i numeri non bastano. Il bilancio dell’Anno giubilare sarà davvero positivo se i pellegrini, giunti a Pompei abiteranno nel mondo, nei luoghi dove vivono la loro esistenza, da autentici convertiti annunciando il Vangelo dai tetti, ma ancora di più attraverso la propria testimonianza coerente, più potente delle parole». 

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