Essere e avere: che rapporto hanno gli adolescenti con il denaro?

Parliamo di denaro ai nostri figli e ai nostri ragazzi, spiegando chiaramente che può diventare un mezzo e che mai però deve essere un fine.
denaro
Foto di moerschy da Pixabay

Molti di loro gli attribuiscono un’enorme importanza, altri ne fanno un vero e proprio “scopo di vita”, ancor prima di mettere a fuoco il cammino professionale o di studi che vorrebbero intraprendere. Altri ancora ne sentono terribilmente la mancanza, vivendo privazioni e difficoltà economiche.

Nella società del capitalismo, del consumismo spinto e delle disuguaglianze sociali è arduo trovare dei punti di vista equilibrati sul tema del denaro. Ed è, di conseguenza, difficile fornire dei modelli educativi di riferimento per i nostri ragazzi.

Sicuramente non si tratta di un argomento trascurabile. Il rapporto degli adolescenti con il denaro evoca nodi da sciogliere: la dipendenza e l’autonomia, il processo di identificazione, l’emancipazione, il rapporto con la famiglia e con i pari, con l’infanzia e con il futuro. Non possiamo, inoltre, sottovalutare come i soldi siano nella società attuale un filtro dominante, attraverso il quale passi spesso anche il giudizio “distorto” di molte persone.

I media e i modelli di riferimento giovanili spesso misurano nella capacità di “far soldi” il valore delle persone e invitano chi li segue ad applicare gli stessi parametri di giudizio.  Nell’epoca in cui viviamo, a quanto pare, sono gli outfit griffati, gli accessori costosi e instagrammabili e le auto di lusso a “fare il monaco”.

Chissà cosa direbbe in proposito il filosofo Diogene, che viveva in una botte e che durante una festa versò il vino e il cibo sulla sua “magnifica tunica”, asserendo che in effetti fosse “la tunica” a essere stata invitata al banchetto e non il suo contenuto…

La “tunica” di Diogene ripropone l’antica questione tra l’apparire e l’essere, nella quale il denaro dimostra di avere un ruolo fondamentale.

Forse, per poter competere adeguatamente con i messaggi fuorvianti di cui è disseminata la società del consumismo e dell’apparire, bisognerebbe iniziare precocemente a insegnare ai giovani l’importanza di gestire responsabilmente il denaro e soprattutto di attribuire a esso il giusto valore.

Magari coinvolgendoli gradualmente nelle questioni legate all’economia domestica, offrendo loro l’occasione di comprendere quale è l’effettivo ruolo dei soldi nella vita delle persone.

C’è una distorta correlazione, poi, tra la funzione del denaro e l’attitudine tipica degli adolescenti a coltivare desideri. Questi ultimi, infatti, vengono spesso interpretati dai genitori come delle “mancanze” a cui dare una risposta immediata, prevalentemente materiale. Raramente si prende in considerazione il fatto che non è destino di tutti i desideri tradursi in realtà e che a volte, alcuni di essi potrebbero sorprendentemente trasformarsi in fermento e ambire al rango superiore dei “sogni”. Non è forse attraverso i nostri sogni che abbiamo l’opportunità di comprendere chi siamo e di misurarci con le nostre potenzialità e i nostri limiti?

E allora perché impedire al desiderio di un giovane di generare un sogno, stroncandolo con l’urgenza di colmare “solidamente” una frustrazione o un senso di colpa esclusivamente genitoriale?

Con questa smania di soddisfare desideri attraverso il denaro si finisce, persino, col generare pericolosi equivoci e con il far credere che i valori, gli affetti e la felicità possano avere un prezzo.

Il denaro si trasforma pericolosamente nel “termometro” dei propri stati d’animo: sono triste e arrabbiato se ho pochi soldi e non compro, sono felice e soddisfatto se ho tanto denaro e posso acquistare tutto quello che voglio.

I brand e il mercato giocano sulla predisposizione adolescenziale al consumo e alla novità, trasmettendo il messaggio che per essere parte della comunità bisogna “possedere”. Ma trascurano, appunto, la predisposizione al “sogno”, anzi lo calpestano e lo omologano sul nascere.

Parliamo di denaro, dunque, ai nostri figli e ai nostri ragazzi, spiegando chiaramente che può diventare un mezzo e che mai però deve essere un fine. Guidiamoli nella scoperta di quella bellezza “che non si può comprare”, mostriamo loro che la libertà è uno stato interiore e nulla ha a che vedere con gli zeri contenuti in un estratto conto. Insegniamo ai giovani il rispetto nei confronti dei soldi, ma soprattutto quello nei confronti di sé stessi e delle altre persone.

La “tunica” per quanto magnifica possa essere, ci ricorda il saggio Diogene, ha bisogno di qualcuno che la indossi per poter prendere vita.


Silvia Rossetti

Iscriviti alla nostra newsletter per restare sempre aggiornato.

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Related Posts