Riconciliazione e visita agli ammalati

Mons. Giuseppe Giudice scrive ai sacerdoti, «con cuore di padre» per sottolineare quanto il sacramento della riconciliazione e la visita agli ammalati rischiano «di essere dimenticati» perché «sono andati molto in affanno».
Riconciliazione e visita agli ammalati. La visita ad un anziano ricoverato in un hospice (Foto Alessandro Feltre/Sir)

Riconciliazione e visita agli ammalati: aspetti da recuperare. Lo afferma il Vescovo nella lettera inviata al presbiterio diocesano domenica scorsa, terza di Quaresima. Mons. Giuseppe Giudice scrive direttamente ai sacerdoti, «con cuore di padre» per sottolineare quanto il sacramento della riconciliazione e la visita agli ammalati rischiano «di essere dimenticati» perché «sono andati molto in affanno».

Il Pastore richiama un pericolo da cui ha spesso messo in guardia: «Il distanziamento sanitario spesso ha preso il volto di un distanziamento sociale e c’è il rischio che diventi anche ecclesiale».

Confessione

Rispetto alla riconciliazione, il vescovo Giuseppe scrive: «La gente ha bisogno di incontrare ministri dell’accoglienza e della misericordia. La situazione che viviamo non ci permette di organizzare grandi celebrazioni penitenziali, ma questo non significa che dobbiamo omettere la confessione, educando quasi a un fai da te che potrebbe avere conseguenze negative, scivolando in un protestantesimo in atto».

Mons. Giudice invita così a «programmare delle mattinate o dei pomeriggi nei quali vi rendete disponibili per l’ascolto delle confessioni». «È un servizio che le nostre comunità si attendono, prima che i nostri fedeli si rivolgano ad altre botteghe. Sarebbe opportuno anche in seguito stabilire un giorno alla settimana, magari un pomeriggio solo per le confessioni; così, come abbiamo l’orario per la messa, la nostra gente si abitua ad avere giorni, orari e luoghi per il sacramento della Riconciliazione», aggiunge il presule.

Roma, 18 febbraio 2021. Liturgia penitenziale nella Basilica dei Santi Apostoli (Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Visita agli ammalati

«La pandemia ci ha allontanati e generato dentro di noi una sorta di paura da contagio che, non poche volte, rasenta la pigrizia spirituale. Con coraggio e prudenza, è bene riprendere questo ministero perché, visitando l’ammalato noi incontriamo la famiglia e il Vangelo della sofferenza può essere annunciato», scrive il Vescovo.

Mons. Giudice si rivolge direttamente ai sacerdoti: «Quando dico visita agli ammalati non mi riferisco in questo momento al mondo dei ministri della Comunione, ma penso soprattutto a voi presbiteri. È bene, carissimi, che come presbiteri riprendiamo la visita agli ammalati per portare consolazione, per confessare e donare Gesù eucarestia e celebrare secondo le indicazioni il sacramento dell’Unzione degli infermi».

Un bisogno di incontro sollecitato dai sofferenti: «Gli ammalati aspettano il parroco, il sacerdote, quali ministri ordinari della Riconciliazione e del perdono. Inchiodati al letto o su una sedia, fasciati dal silenzio, radicati nella pazienza, scolpiti nell’accettazione della santa volontà, i nostri malati ci aspettano. Attendono una nostra visita, una parola di Vangelo, un gesto di tenerezza, uno sguardo complice e di sostegno. Non lo dimentichiamo mai: in noi, nel nostro ministero, essi aspettano Gesù». La visita agli infermi per il Vescovo «deve essere il cuore della nostra pastorale».

Prospettive

Nella lettera del Pastore della Chiesa nocerino-sarnese si legge che «questo è tempo di incontro e di nuove relazioni andando da coloro che non possono venire: non è forse questo un aspetto significativo della Chiesa in uscita?».

Mons. Giudice lancia anche dei suggerimenti: «Non può essere il tempo per individuare ed educare nuovi volontari della sofferenza?». «Cerchiamo di non essere assenti dove si nasce, si soffre e si muore, se vogliamo che anche la festa riprenda un significato diverso. Come posso proporre la festa a colui con il quale non ho condiviso il tempo della sofferenza? Solo dopo l’incontro periodico del parroco o sacerdote con gli ammalati, i ministri straordinari della comunione potranno continuare il ministero a loro affidato, che è soprattutto del parroco».

Il vescovo Giuseppe analizza: «Forse, in questi tempi, troppe deleghe ci hanno allontanati dai problemi reali della gente, e per questo motivo tante nostre omelie non hanno più il sapore della gioia e della sofferenza del nostro popolo».

Non è però tempo di rimpianti, ma di ripartenze: «Ecco due nostre priorità, tra le tante, che ci possono aiutare a vivere bene la quaresima, a preparare il tempo pasquale e a dare nuovo ossigeno a tutta la nostra pastorale».

Sa. D’An.

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