Le grandi aziende dolciarie stanno già scaldando i forni per i loro panettoni, in qualche città sono in corso grandi manovre per l’installazione delle luci, le agenzie di viaggio propongono i loro tour delle feste.
Siamo a ottobre, eppure per qualcuno è già Natale. Il poeta francese Charles Baudelaire, parlando della frenetica modernità parigina, denunciava «l’uomo folle di movimento», che rischia di smarrire la profondità dell’esperienza. Lo scrittore cecoslovacco Milan Kundera alla lentezza ha dedicato un romanzo intero evidenziando che il rallentare non sia inerzia, ma una forma di resistenza alla superficialità: solo chi rallenta può assaporare i gesti, i ricordi, le relazioni.
Senza la lentezza non può esserci il pensiero e, senza il pensiero, si fanno solo sfaceli.
Nello Zibaldone, Giacomo Leopardi insisteva sul fatto che solo nella contemplazione della natura, una contemplazione lenta, quasi sospesa, l’uomo può aprirsi all’infinito. La lentezza, in questo senso, è una via di conoscenza. Ogni processo umano – l’amicizia, l’amore, l’apprendimento – ha bisogno di tempi distesi, di un’attesa che non è vuoto, bensì spazio fertile. Nell’educazione dei bambini, ad esempio, affrettare i passaggi significa sottrarre occasioni di crescita; allo stesso modo, nella scrittura e nell’arte, l’opera che dura è quella che è maturata lentamente.
Ottobre è un mese tutto da vivere e da contemplare (lo è per la verità ogni ora, ogni giorno, ogni mese). Per noi credenti è il tempo del Rosario. Papa Leone XIV ci ha chiesto di recitarlo per la pace e, il 19 di ottobre, ha canonizato in piazza San Pietro Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore del Santuario di Pompei.
Su un aspetto più pratico è anche il tempo delle castagne, dei frutti autunnali, delle deliziose zucche dell’Agro nocerino-sarnese, dei tappeti di foglie arancio sui prati, di qualche pioggia di troppo (servono anche quelle). Il Natale arriverà quando arriverà: perché anticipare i tempi? Perché proiettarsi in un tempo che non è, dimenticando la bellezza del presente?
Viviamo in un’epoca dominata dalla velocità. Le nostre giornate sono scandite da notifiche, appuntamenti serrati, risposte immediate. Ogni attività sembra dover essere compressa, accelerata, resa efficiente. Ma proprio in questa corsa continua rischiamo di perdere qualcosa di essenziale: la capacità di riconoscere il valore della lentezza, il dovere morale e umano di non ridurre il tempo a semplice strumento produttivo. Recuperare la lentezza non è un lusso, ma un atto etico. Solo chi sa rallentare sa davvero ascoltare, comprendere e amare.
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