Allergie ai pollini. I consigli del pediatra

Il metodo più usato per diagnosticarle è quello del prick test. I consigli del dott. Salvatore Guercio Nuzio nella rubrica “Il pediatra risponde”.

I pollini sono quei granellini trasportati dal vento che permettono alle piante di riprodursi. Ogni pianta ha un periodo di impollinazione specifico in relazione al clima e alla regione, pur con la variabilità dovuta ai cambiamenti climatici e alle singole località. 

Nel periodo dell’impollinazione di graminacee, parietaria e olivo, i pollini si concentrano nell’aria e possono causare sintomi come rinite, congiuntivite, asma e reazioni cutanee come l’orticaria. Il tratto digerente, in genere, non reagisce. La diagnosi di allergia ai pollini si basa prevalentemente sulla storia clinica del bambino (la familiarità, una descrizione accurata dei sintomi con informazioni relative alla loro stagionalità e alla loro durata) e su un’accurata visita. 

Il metodo più usato per diagnosticare l’allergia ai pollini è quello del prick test, che consiste nel praticare delle prove cutanee con il metodo della puntura della pelle con lancetta.

Il test consiste nell’applicare sulla pelle dell’avambraccio una goccia di estratto dell’allergene, nel pungere la goccia con una lancetta e nell’osservare la reazione locale. In alcuni casi, in particolare nei bambini sensibili a più allergeni, può essere utile ricercare le IgE dirette su sangue verso determinate sostanze allergeniche, al fine di risolvere sensibilizzazioni da cross-reattività e pianificare un trattamento mirato.

I vaccini anti-allergici costituiscono ad oggi l’unica cura in grado di abituare il sistema immunitario a tollerare meglio il polline incriminato. Sono estratti allergenici che si somministrano tramite iniezione o sotto la lingua, a dosi ottimali per 3-5 anni.

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