La transizione ecologica influenza l’economia e il mondo del lavoro. Secondo le principali società di recruiting, entro il 2030 serviranno fino a 30 milioni di profili specifici. L’impegno per l’ambiente è considerato prioritario dalle aziende, anche grazie alla spinta dei finanziamenti governativi per la sostenibilità.
L’occupazione “green”. A livello globale il 94% delle imprese ammette di non avere i professionisti necessari per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità. Il 70% pianifica di assumere esperti del settore. Tra le figure più ricercate c’è la mia, quella dell’ingegnere ambientale.
È richiesto dalle società che gestiscono rifiuti e/o impianti di depurazione, dalle imprese di costruzione, dalle società di ingegneria, dalle multinazionali dell’energia. Può svolgere il ruolo di consulente, progettista, project manager o addetto/responsabile del sistema di gestione ambientale per aziende certificate. La formazione prevede una laurea in Ingegneria ambientale e l’iscrizione all’albo degli ingegneri. Con questa laurea, in alternativa a corsi specifici, è possibile anche diventare manager dell’energia, della mobilità e della sostenibilità.
L’ingegnere ambientale lavora a stretto contatto con altre professionalità “green”. L’elenco è lungo, sui prossimi numeri potremmo approfondirne alcuni.
Ci sono: l’architetto paesaggista per riqualificazioni di aree verdi e spazi urbani; il giurista ambientale per analizzare leggi specifiche in campo aziendale o processuale; i progettisti o gli installatori di impianti eolici o fotovoltaici; gli esperti in BioArchitettura per progetti edilizi a impatto zero; lo specialista in contabilità verde per la gestione di questioni fiscali; contabili e finanziarie di settore.
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