Praticanti “non credenti”

Le grandi domandi e l’eventismo della Chiesa.

L’indagine demoscopica su “Gli italiani e il rapporto con la fede”, commissionata dal periodico Il Timone all’istituto di ricerca “Euromedia Research” di Alessandra Ghisleri, riporta dati piuttosto deprimenti sulla partecipazione alla Messa domenicale.

Secondo quanto riportato dal periodico, a partecipare alla celebrazione festiva dell’Eucarestia è il 13,8% degli italiani. E chi si dice cattolico? Solo il 23,7% va a Messa ogni domenica; il 13,5% non ci va mai; il 5,7% una volta all’anno; il 13,1% una volta al mese; il 44% qualche volta durante l’anno.

Quanti, tra coloro che vanno a Messa, si accostano alla Confessione almeno una volta all’anno? Il 33,3%. Sempre tra i praticanti, la maggioranza ritiene l’Eucarestia solo «un simbolo del corpo di Cristo» (il 50,1%), mentre dà la risposta corretta e pensa che sia «il corpo reale di Cristo» il 32,2%.

La preghiera? Solo un praticante su quattro, il 24,1%, prega ogni giorno. Tutti dati per cui, come titola Il Timone, siamo in presenza di «praticanti non credenti» e di un «Paese che fu cattolico». Ora, l’analisi, fondata su basi scientifiche e su numeri, non lascia spazio a dubbi. La realtà è questa e, d’altra parte, i dati confermano solo quanto era già evidente.

Rassegnarsi? Giammai! Nel cuore di ogni persona ci sono domande alle quali solo la fede può dare risposte. Perché nasciamo? Chi ha creato il mondo? Perché esiste la morte? Dov’è la felicità eterna? È davvero tutta qui, la vita? Qual è la ragione della sofferenza di un uomo e perché, dalla sofferenza, non sono esclusi nemmeno i bambini? Il Sinodo dei Vescovi, che si è aperto il 4 e si concluderà il 29 ottobre, è chiamato a trovare nuove strade per far capire agli uomini e alle donne del nostro tempo che solo Gesù ha parole di vita eterna e che, solo in lui, sono tutte le risposte (che a volte non comprendiamo, pur continuando a fidarci del Signore).

Ogni argomento in discussione ha la sua importanza, ma diteci cosa e come dirla a un padre o a una madre che perde un figlio, a un giovane che s’arrende in un mondo che non sembra appartenergli più, a un ammalato solo dinanzi alla sua sofferenza, a una coppia che sceglie di non avere figli.

Diteci cosa dire agli uomini e alle donne che incontriamo ogni giorno perché evitino di cercare la gioia laddove non c’è o, se c’è, è finta perché non dura che un ritaglio di tempo. Le diocesi, le parrocchie, le associazioni, i movimenti, i vari comitati-festa sul territorio lavorano tanto per organizzare eventi, che attraggano gente.

Anche questo crea comunità, ma quante di queste persone, che affollano la piazza di un appuntamento qualsiasi, vanno poi a Messa e partecipano alla vita ecclesiale? La risposta alle grandi domande della vita e al bisogno di felicità non si trova nel fragore di un fuoco artificiale o nell’acuto del cantante di grido, invitato per celebrare il patrono.

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