Burkina Faso: un Paese che chiede giustizia e pace

Domenica l’ammutinamento dei soldati ha portato al colpo di Stato e alla destituzione del presidente Kaboré. La popolazione è stufa della violenza jihadista e della incapacità di affrontarla da parte del Presidente destituito. Il racconto di don Silvio Longobardi
Bambini in una scuola di una missione in Burkina Faso (foto Fondazione Missio)

In Burkina Faso c’è grande calma, il colpo di Stato, ad opera dei militari, avvenuto nella notte tra domenica e lunedì, non ha suscitato rivolte e neppure aperte ostilità. Mi trovo a Koupéla, una cittadina a 150 km da Ouagadougou, ma gli amici che vivono e lavorano nella capitale mi dicono che non ci sono problemi. Anzi, l’improvviso cambio del potere ha incontrato il consenso di buona parte della popolazione. La vita prosegue tranquilla, con i problemi di sempre.

Don Silvio Longobardi durante un incontro di questi in Burkina Faso

Il pericolo terrorismo

Sono arrivato in Burkina venerdì 14 gennaio e ho avuto modo di parlare con diversi amici. Mi hanno confermato che la situazione sociale diventava sempre più intollerabile, il Presidente faceva poco o nulla per contrastare il terrorismo che, nel frattempo s’era diffuso a macchia d’olio nel tessuto del Paese, occupando spazi sempre più vasti e creando un clima di grande insicurezza.

Nel suo primo apparire, nel 2015, questo fenomeno era in gran parte appannaggio di stranieri che venivano dai Paesi confinanti. Oggi invece è ramificato in molte zone del Burkina e coinvolge un numero crescente di cittadini, e in particolare alcune etnie che, a torto i a ragione, ritengono di essere marginalizzate o penalizzate. Una situazione che rischia di diventare esplosiva e di condurre ad una vera e propria guerra civile.

La situazione economica

Il villaggio dell’artigianato in Burkina Faso

Di fatto, la situazione economica, già assai precaria, negli ultimi tempi è diventata ancora più difficile e proprio a causa del terrorismo: in Burkina ci sono 1,5 milioni di sfollati costretti a lasciare i loro villaggi e le poche cose che avevano e si ritrovano in una più grande povertà. Non è mia intenzione fare una guerra tra i poveri, faccio solo notare che di questi rifugiati – loro sì, veri rifugiati perché costretti dalla guerra – nessuno parla. Sono invisibili. È un fenomeno che conosciamo di persona perché nella nostra casa di Koupéla, che accoglie studentesse liceali, abbiamo aperto le porte ad alcune di queste ragazze fuggite con le loro famiglie, per dare la possibilità di continuare gli studi.

L’abbandono dei campi

A causa del terrorismo intere piantagioni di mais sono state abbandonate, il raccolto andato in fumo ha fatto aumentare il prezzo di un alimento semplice ma assai diffuso nella fascia povera della popolazione.

Né possiamo dimenticare che l’insoddisfazione sociale e la mancanza di prospettive sollecita tanti giovani ad abbracciare la lotta armata, ricevendo in cambio potere e soldi… Il corpo militare lamentava di non avere le risorse per contrastare un terrorismo che, non poche volte, ha fatto strage di soldati. Il terrorismo ha ingigantito problemi già esistenti e ha reso ancora più oscuro il futuro.

Giovani che non si accontentano delle briciole

Non tutto va male, ovviamente: chi viene in Burkina vede gente che lavora, le scuole sono sempre più piene di giovani desiderosi di guadagnarsi un diploma sperando così di avere qualche chance in più per trovare un lavoro.

La vita scorre secondo i canoni della normalità ma nella popolazione c’è una crescente insoddisfazione che alla lunga può provocare ribellioni, soprattutto nelle nuove generazioni che non si accontentano più di avere le briciole.

Diritto ad avere un futuro

Questo popolo ha diritto ad avere un futuro. Il nostro impegno di solidarietà, e quello di tante altre associazioni che provengono da diversi parti del mondo, può alleviare le conseguenze più gravi della povertà ma non può rispondere alle necessità di un popolo che chiede giustizia e pace.

Gli uomini di buona volontà sono chiamati a fare la loro parte. I cristiani sanno che tutto questo non basta e non si stancano di invocare il Dio della vita perché conceda alla Nazione una vita dignitosa e sicura.

Silvio Longobardi

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