L’Italia crescerà solo se crescerà il Sud

Il segretario generale nazionale della Cisl, Luigi Sbarra, oggi pomeriggio sarà a Salerno per l’inaugurazione della nuova sede della Filca Cisl, la federazione degli edili. Dalla crisi, dice, si esce modernizzando e favorendo «il lavoro nel nostro Mezzogiorno»

«L’Italia crescerà solo se crescerà il Sud», ad affermarlo è Luigi Sbarra. Il segretario generale nazionale della Cisl oggi pomeriggio sarà a Salerno per l’inaugurazione della nuova sede della Filca Cisl, la federazione degli edili. L’appuntamento è alle 16.00 in via Irno. Ad accoglierlo sarà il segretario generale salernitano, Gerardo Ceres. Sul Insieme di giugno, Sbarra rispose alle nostre domande pochi mesi dopo il passaggio di testimone ricevuto da Annamaria Furlan.

Luigi Sbarra e Annamaria Furlan

Ha iniziato l’attività sindacale nella Locride, tra i braccianti agricoli. Dalla crisi, dice, si esce modernizzando e favorendo «il lavoro nel nostro Mezzogiorno». Conosce bene il mondo del lavoro del Sud Italia. Le tante insidie e le altrettante opportunità. L’abnegazione e la capacità di lavoratori e imprenditori, così come le piaghe del lavoro nero e della criminalità. Luigi Sbarra è alla guida della Cisl dallo scorso 3 marzo. Ci è arrivato dopo una lunga esperienza sindacale nella sua regione, la Calabria.

Segretario, lei è un uomo del Sud. Il Meridione cosa troverà sotto le macerie di questa crisi sanitaria ed economica?

La pandemia ha aggravato la situazione economica e sociale del Mezzogiorno. È aumentata la povertà, l’emarginazione sociale, la disoccupazione, la solitudine delle persone, soprattutto nelle aree più depresse del Paese. Ma noi pensiamo che colmare lo storico divario tra aree forti ed aree deboli non è interesse solo del Mezzogiorno. È interesse di tutto il Paese. L’Italia crescerà davvero solo se crescerà il Sud. Sviluppo, occupazione, riduzione delle diseguaglianze, infrastrutture, legalità devono arrivare insieme. La Cisl si batterà per questo obiettivo.

Con lo sblocco dei licenziamenti si rischia una catastrofe?

Guardi, dei quasi 500 mila posti di lavoro persi nel 2020 con contratti a tempo determinato e somministrati, la stragrande maggioranza erano giovani, donne e nel Mezzogiorno in particolare. Ecco perché dobbiamo prolungare il blocco dei licenziamenti almeno fino ad ottobre. Bisogna mettere al centro degli obiettivi del Recovery Plan un grande piano nazionale per l’occupazione, puntando al lavoro stabile e di qualità delle donne e dei giovani, con una politica fiscale e contributiva che favorisca la stabilizzazione dei tanti precari e le nuove assunzioni, accompagnati a nuovi meccanismi di apprendistato. E poi bisogna intervenire sui servizi sociali, evitando che le donne lascino il lavoro dopo il primo figlio.

Si rischia di incrementare le fila del lavoro nero, della criminalità?

Abbiamo perso già oltre un milione di posti di lavoro e chi poteva licenziare lo ha già fatto per effetto delle deroghe al blocco. Dobbiamo evitare un’altra valanga di licenziamenti in tanti settori come tessile, calzaturiero, chimico, automotive, filiere di Pmi interdipendenti con i comparti del turismo, terziario, commercio, servizi che vanno certamente sostenuti con sgravi e sussidi ma che continuano a soffrire la crisi nonostante le parziali riaperture. Mantenere il blocco dei licenziamenti almeno fino ad ottobre è solo una proposta di buon senso. Lo hanno riconosciuto anche i Vescovi italiani e tanti altri osservatori che conoscono la difficile condizione sociale del nostro Paese, dove la disoccupazione si accompagna all’aumento del lavoro nero e soprattutto nel Meridione al ricatto della criminalità. Abbiamo bisogno di coesione sociale. Prolungare il blocco è un atto di responsabilità, in linea peraltro con l’appello del Presidente della Repubblica Mattarella che ci chiede uno sforzo collettivo.

C’è chi ha retto all’urto e continua ad investire, che cosa si sente di dire a questi “eroi”?

Durante questi mesi terribili di pandemia, tante aziende sono andate avanti, assicurando beni e servizi importanti ai cittadini, con il contributo responsabile di milioni di lavoratori. Bisogna dire grazie a queste persone straordinarie, ma nello stesso tempo bisogna sostenere lo sforzo produttivo con scelte di campo forti, come può essere una fiscalità agevolata e strutturale per le imprese che investono nel Sud, decontribuzioni forti per le assunzioni di giovani e donne , un grande piano di modernizzazione delle infrastrutture materiali ed immateriali, investimenti nella sanità pubblica, nella banda larga, nella scuola, nella ricerca, nell’università, ed anche una nuova politica industriale capace di salvaguardare e difendere produzioni e posti di lavori coniugando sviluppo e tutela dell’ambiente.

Il nostro territorio da dove può e deve ripartire?

Penso che non bisogna sprecare l’occasione storica del Recovery Plan. Questa è davvero l’ultima chiamata per il Sud. Per questo occorre un patto sociale, un progetto condiviso tra il Governo, le istituzioni regionali e le parti sociali. Abbiamo bisogno di un colpo d’ala, con un cronoprogramma preciso ed una valutazione sui riflessi occupazionali e sociali. Questo chiediamo al Governo Draghi. Bisogna fare presto. E lo dobbiamo fare rispettando i tempi, con la massima trasparenza e legalità. Questa è la sfida per tutti. Noi crediamo che puntare decisamente alla crescita ed allo sviluppo, alla modernizzazione ed al lavoro del nostro Mezzogiorno sia una sfida ed una opportunità che deve vedere unito tutto il Paese, come ha fatto la Germania negli ultimi trent’anni investendo quasi 2000 miliardi di euro per la coesione sociale ed economica tra Est ed Ovest.

Salvatore D’Angelo

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