Paola Saluzzi, la giornalista solare

Intervista a Paola Saluzzi, premio Euanghelion 2021.

Il 15 maggio il volto di Tv2000 ha ricevuto il Premio Euanghelion, il riconoscimento della Diocesi ai testimoni della Buona Notizia giunto alla XIII edizione

Il suo sorriso entra tutti giorni nelle nostre case, grazie alla trasmissione L’Ora solare in onda su Tv2000. Per un giorno la professionalità di Paola Saluzzi, abbinata ad una buona dose di dolcezza e simpatia, ci ha raggiunto grazie ad Insieme e alla XIII edizione del Premio Euanghelion.

Nell’incontro online ha raccontato l’essere giornalista, l’approccio alla notizia, ha svelato tratti inediti del suo privato parlando dei nonni e dei genitori, della loro influenza sulle sue scelte professionali. Ha poi dedicato il Premio al marito: «Voglio dire grazie al mio angelo che mi ha fatto incontrare un giornalista grande e vero, mio marito Gabriele Romagnoli, che ha riempito la mia vita di amore, bellezza e conoscenza».

Nel richiamare il tema della mattinata, che era preso da quello della 55ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali «Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono, la giornalista ha fatto riferimento alla possibilità di «incontrare i dettagli» prima di dare la notizia.

«Andando sul posto puoi incontrare i dettagli, assaporarli, conoscerli per primo con il preciso compito di comunicarli agli altri. L’attenzione al dettaglio è cosa cara e importantissima nella narrazione di una piccola o grande situazione in cui ci troviamo».

Come raccontare una notizia?

Saluzzi ha continuato: «Non ci può essere una frettolosa interpretazione della notizia. E non ci deve essere una ricerca senza tenere presente che dietro quella notizia ci sono genitori, famiglie, storie, persone. Quindi, anche il racconto del particolare e del dettaglio deve essere sempre reso come se stessimo parlando di noi o come se stessimo parlando a nostra madre. Non vuol dire non raccontare. Credo che la coscienza di raccontare con la grazia di non ferire sia alla base di tutto». Come farlo? «È necessario ricordarsi di quando siamo stati feriti noi. Questo non vuol dire non fare la domanda, ma essere accorti nel porla». 

Un’attenzione che non sempre si riscontra sui moderni mezzi di comunicazione, derive social senza deontologia: «Siamo di fronte a degli apprendisti stregoni. Il mezzo è buono, ma bisogna prestare attenzione all’utilizzo che si fa. L’immagine cammina con la notizia, ma bisogna averne cura. È una delicata attenzione ad un equilibrio che dobbiamo sforzarci di trovare. Il citizen journalism ha tanto aiutato in diverse aree del mondo. Il problema è l’uso che si fa del mezzo. Il mettersi nei panni dell’altro credo sia l’indicazione migliore». 

Pensando ai primi passi nel mondo dell’informazione ha detto: «L’amore per il giornalismo nasce da una grande passione per lo sport trasmessami da mio nonno che tutti i giorni leggeva La Stampa e dai miei genitori, che tanto amavano il giornalismo. Mi spinse su questa strada la mia professoressa di italiano al liceo classico, Marina Pioli».

All’inizio della carriera l’incontro con Sergio Zavoli: «Ho lavorato come una formica nella sua redazione. Ho visto in quell’uomo una tenacia, una poesia nel modo di lavorare e, quello che si riscontra sempre negli eccellenti direttori, per questo ringrazio il nostro Vincenzo Morgante, il rispetto nei confronti delle persone con le quali si lavora. È stato un momento di grande fortuna».

Alla scuola di un grande maestro, categoria che Saluzzi non crede in via di estinzione: «Sono buoni maestri coloro che dicono “guarda che qui non va bene, proviamo a fare così”. Mio padre mi diceva “gira la scacchiera se vuoi imparare, guarda perché sta facendo quelle mosse, mettiti nei suoi panni”. I buoni maestri esistono».

Da lì ha macinato chilometri nel mondo dell’informazione: Rai con Uno Mattina, di cui detiene il record di presenza ininterrotta in televisione per 52 settimane, Mediaset, SkyTg24, Tv2000, numerosi speciali istituzionali su tutte le reti televisive italiane. Un lavoro che fa «con entusiasmo quasi adolescenziale».

La diretta social del Premio Euanghelion
L’Ora solare

È da qui che trae la forza per trovare le storie buone de L’Ora solare. «Lavoro con una redazione bellissima, un gruppo di produzione tenace e forte. L’idea non è fare l’elenco di storie in cui tutto va bene, ma raccontiamo l’esercito di gente bellissima, di persone che stanno affrontando il mare in tempesta e riescono sempre con fede, con il talento, a trovare uno spicchio di luce, che hanno la capacità di fare bene, sicuri che questo comportamento renderà possibile ottenere giustizia e giustezza della propria azione. Il mondo è popolato di cattiveria, ma c’è una bontà che l’asfalta». 

Guardandola all’opera, si nota una sua totale integrazione con l’esperienza dell’interlocutore: «Mi lascio coinvolgere pensando che non siamo in televisione. C’è un istante in cui comprendi di essere il ponte che collega la notizia alle persone che la riceveranno. In quel momento devi entrare come un tuffo in acqua, ti immergi dentro la storia e fai in modo che arrivi al meglio». 

Un clima che Tv2000 agevola: «La mia mamma mi disse “è un vestito cucito addosso a te”. Si riferiva alla rete, al modo di lavorare. Mi sento a casa». Il frutto di un lavoro di squadra: «Il giornalismo è impegno quotidiano e salita quotidiana, come se fossimo in montagna. Devi fare bene attenzione a dove metti i piedi, a volte scivoli e quando accade devi chiedere scusa perché c’è una cordata con te». Uno stile impreziosito dalla «marcia» femminile. 

Alla diretta social hanno partecipato il vescovo mons. Giusepe Giudice e don Mimmo Beneventi dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali. 

Gli interventi di mons. Giuseppe Giudice e don Mimmo Beneventi

Il Vescovo ha richiamato l’importanza dei dettagli: «Un particolare aiuta a comprendere il tutto. Dobbiamo comunicare la gioia del Vangelo, essere attenti ai dettagli, andare al cuore della gente». Un processo che si fonda sulla «pastorale dei passi e degli occhi». Ha aggiunto: «La comunicazione è attenta se dentro c’è una formazione, una tradizione, se ci sono i maestri. La nostra comunicazione è bene che, anche quando è difficile, lasci dentro il sapore del pane fatto in casa e sfornato fresco».

Don Mimmo ha illustrato il lavoro di formazione fatto in questo periodo pandemico con gli Uffici delle diocesi italiane. Da esperto conoscitore dei social media ha rimarcato la differenza tra giornalismo e pettegolezzo: «Viene fuori dall’uso e dall’impegno educativo che dobbiamo infondere in questo tempo, solo così eviteremo che il pettegolezzo prenda il posto del giornalismo senza tenere conto delle persone che raccontiamo».

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