A Cartagine l’eco dei martiri cristiani

Il pellegrinaggio di padre Aldo D’Andria nella storia e sulle vestigia cristiane di Cartagine
Terme di Antonino a Cartagine (Tunisia)

Sin dagli studi della scuola primaria, Cartagine e Annibale mi avevano sempre affascinato; ora finalmente ho potuto costatarne dal vivo la grandezza, conoscere da vicino le vestigia storico culturali e cristiane di questa altra città, eterna come Roma, dove possiamo leggere non di meno le origini del cristianesimo nell’Africa del Nord.

Consapevole che la fede implica la memoria e la memoria si fa riconoscenza, ho voluto che il mio fosse un pellegrinaggio: mettermi sulle tracce dei martiri scillitani (180), di Perpetua e Felicita (203), di Cipriano (258), di Celerina e compagni martiri (280), dei trecento Santi martiri della Massa Candida che furono martirizzati al tempo di Valeriano vicino Utica tra il 258 e il 303; la storia dice che furono fatti due forni, uno in calce e l’altro a carbone: “scegliete l’uno o l’altro – fu detto loro – essi decisero di essere ridotti in polvere dal vapore della calce; Agostino e Cipriano parlano di loro.

I martiri di Abitene (304) quelli che coraggiosamente proclamarono di fronte al console romano: “che senza domenica non possiamo vivere”; San Quodvultdeus, vescovo di Cartagine esiliato e approdato a Napoli (439), i Santi Terenzio, Massimo e 40 compagni martiri decapitati al tempo di Decio, e una lunga schiera di tanti altri martiri di cui non possediamo nessuna testimonianza precisa. I santi da noi più conosciuti come Agostino e Monica, sant’Aurelio, vescovo di Cartagine dal 390 al 426, famoso per i tanti concili da lui convocati, san Luigi IX, re di Francia, san Vincenzo de Paoli che lavorò anche lui tra gli schiavi qui in Tunisia e a cui è dedicata la cattedrale di Tunisi. Ho avuto la grazia di visitare il cimitero dove Cipriano fu sepolto, proprio nel giorno della sua festa: quale grazia!

Cartagine, metropoli del mondo antico, “regina dei mari”, “padrona di un impero marittimo”, è una nave alla fonda”, comparabile solo a Venezia”, così la descriveva Strabone (storico greco vissuto nel 45 aC).

Secondo la tradizione fu fondata da Didone, leggendaria regina fenicia, nell’814 a.C., una sessantina di anni prima della sua rivale Roma. Sulle colline di Birsa, Didone, adoratrice di Baal e di Tanit, tagliò una pelle di bue in sottili strisce per delimitare la distesa di Kart-Hadash (primo nome fenice di Kartago) dando così origine alla città punica di Cartagine, oggi collina di Birsa, ben visibile all’occhio del turista.

In foto padre Aldo presso la collina di Byrsa (Birsa)

Le guerre puniche la distrussero completamente; nel 44 aC grazie ai romani risorgerà sotto il nome di Colonia Julia Kartago al punto che fu ritenuta come una delle più belle città dell’Impero, la più bella dopo Roma. Cesare Augusto vi espatriò più di tremila coloni, divenne capitale della Provincia proconsolare al punto che alla fine del II secolo contava più di 300.000 abitanti, con un ruolo economico e commerciale di primo piano nel grande bacino mediterraneo, tanto da suscitare l’invidia e i timori del Senato romano: “Carthago delenda est”!

Vi offro una brevissima visione di insieme del periodo cristiano.

Le origini del Cristianesimo in Africa sono sconosciute, perché non possediamo nessuna testimonianza precisa. La testimonianza dei martiri scillitani, martirizzati nel 180 ci dimostra che dei discepoli di Cristo erano venuti a evangelizzare questa regione molto tempo prima.

Una delle tante tradizioni afferma che San Pietro sarebbe venuto a Cartagine a predicare e avrebbe lasciato Crescenzo come Vescovo; un’altra tradizione vorrebbe che gli apostoli avrebbero tirato a sorte le differenti parti del mondo  e l’Africa sarebbe toccata a Simone lo zelota, altra tradizione parla di Marco che dopo avere stabilito la sede ad Alessandria percorse la cirenaica, la Libia e i paesi del nord africa;  perfino si dice che l’evangelista Matteo sarebbe il vero apostolo del Paese, il quale avrebbe pagato con la sua vita l’ardore per far conoscere la dottrina del Salvatore. S. Agostino giustamente e prudentemente afferma che “è da tutte le regioni del Mediterraneo che il Vangelo è arrivato in Africa” (Epist. XLIII,7).

Cartagine – Anfiteatro romano: grotta del martirio delle sante Perpetua e Felicita

Verso la fine del primo secolo, nel 197, Tertulliano scrive: “In campagna, nelle fortezze, nelle isole, dappertutto cristiani; di tutti i sessi, di tutte le età, di tutte le condizioni, gli stessi dignitari passano a un nuovo culto… noi non siamo che di ieri ma riempiamo tutto: le città, le isole, le fortezze, i municipi, le assemblee i campi, le tribù, i palazzi, il Senato, il Foro. Noi non vi lasciamo che i templi… siamo una moltitudine, formiamo quasi la maggioranza in ogni città”. Questo progredire è confermato anche dal primo gruppo di cristiani martirizzati il 17 luglio 180: i martiri scillitani.

Nel III secolo il cristianesimo si va sempre più sviluppando provocando perfino violenti scontri con i pagani e anche con i romani di cui i cristiani rifiutano il culto imperiale e di dedicarsi ai costumi romani come ad esempio i giochi nell’arena. Essi si ritrovavano insieme tre volte alla settimana per pregare e ricevere la Santa Eucarestia: la domenica, il mercoledì e il venerdì. All’inizio del IV secolo si possono contare in Africa un centinaio di vescovi di cui quello di Cartagine, al tempo di san Cipriano, ne è il primate. Egli lo ha voluto per sempre primate d’Africa.

Il IV secolo è veramente il secolo d’oro della Chiesa d’Africa. In Italia abbiamo l’editto di Costantino del 313. Il cristianesimo ha fatto dei progressi considerevoli in tutti i paesi e principalmente nelle regioni dell’ovest dell’Africa; non è più confinato nelle regioni marittime ma è penetrato dentro fino al cuore del Paese, non solo tra i poveri ma anche tra i nobili. Arrivò poi Gianserico con i suoi Vandali: era il 19 ottobre del 439, Cartagine fu da lui conquistata e così in breve anche tutte le città d’Africa. A partire da questo momento le persecuzioni furono generali.

Resti della cappella dedicata a santa Monica, dove pregò tutta la notte quando il figlio sant’Agostino, vescovo e dottore della Chiesa, partì per Roma. La cappella è adiacente alla Cattedrale di Cartagine, dove fu vescovo san Cipriano

I Vandali tentarono di imporre l’arianesimo al posto del cattolicesimo; in questo tempo 500 religiosi furono espulsi dalla sola città di Cartagine. Qui furono martirizzati i sette monaci di Gafsa e poi I 4966 martiri africani (483): vescovi, preti, suore, diaconi e fedeli furono mandati in esilio nel deserto, ove furono poi torturati e uccisi. Dopo i Vandali arrivano i Bizantini con l’imperatore Giustiniano; siamo nel 533. Giustiniano si presentò come il Liberatore. Sii presentò solennemente alla cattedrale di Cartagine, la basilica di san Cipriano, situata sulla spiaggia (oggi si vedono le rovine della basilica sulla spiaggia di Cartagine) ed egli la restituì ai cattolici. Nel VII secolo arrivano i musulmani: il periodo arabo nell’XI secolo farà scomparire quasi del tutto il cristianesimo.

Ho voluto rendervi partecipi di questa storia raccontata così, in breve, su questa pagina, attraverso cui vorrei invitarvi anche a peregrinare, a pregare con quelli che ci hanno preceduto nella fede, a guardare questa storia con l’occhio di Dio “che rivela nei deboli la Sua potenza e dona agli inermi la forza del martirio”.

Accanto alle notizie che vi ho dato, custodiamo le bellissime testimonianze della Tradizione che quei cristiani ci hanno tramandato.

                                                                                                          padre Aldo D’Andria

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