Frana Sarno, un ricordo che non si può cancellare

A 25 anni dalla frana che travolse la città riviviamo quei tragici momenti attraverso il ricordo della nostra Maria Luisa Franco.
Foto di Salvatore Alfano – Copyright, tutti i diritti riservati all’autore

Mi chiamo Maria Luisa Franco, sono nata il 5 maggio e sono di Sarno. Oggi è il mio compleanno, compio 42 anni e sono viva grazie a mio padre.

Era il 5 maggio di 25 anni fa e mi trovavo in parrocchia per festeggiare il 17esimo compleanno con gli amici dell’Azione Cattolica, quando all’improvviso il caos: gente che correva e urlava senza molta logica e si dirigeva verso Episcopio, la parte alta di Sarno. Poi vidi arrivare mio padre, era venuto a riprendermi, non aveva ben capito che cosa stesse succedendo, ma aveva intuito che era meglio tornare a casa.

In foto, Maria Luisa con papà Raffaele, mamma Silvana e il fratello Alfredo

Dal momento in cui sono salita in auto con lui ricordo alcune scene in particolare: quella di un uomo completamente sporco di fango dalla testa ai piedi, il suo sguardo di paura, auto impazzite che scendevano nel senso opposto. Una situazione surreale. Mi guardavo intorno come uno spettatore spaesato immerso in una scena di un film americano.

Erano le 20.30 circa, ricordo che papà mi fece scendere sotto casa per andare a parcheggiare l’auto in piazzetta Abignente. Poiché abitavamo ai piedi della montagna rocciosa, aveva pensato bene di metterla al sicuro. Ero rimasta ad aspettarlo lì, contavo i minuti, finalmente lo vedo svoltare l’angolo e risalire velocemente il vicoletto. Immediatamente dopo una colata di fango si riversa in strada e porta via con sé anche la nostra auto. È stata questione di pochi minuti. Eravamo salvi. Pieni di paura, ma salvi.

Da lì a poco il buio, si sentiva solo lo scroscio violento dell’acqua che scendeva come un fiume in piena.

Ho pochi flash di quella lunga notte: ricordo mia madre, mia nonna e le vicine sedute nelle scale che hanno pregato il Rosario incessantemente fino all’ultima candela. Un barlume di speranza in mezzo a tanto sconforto. Eravamo disconnessi, era saltata anche la linea elettrica.

L’ultimo ricordo di quella notte ci vede seduti al tavolo della cucina, qualche candela accesa, la cena rimasta incompleta, io che stringo tra mani un cd di Celine Dion ricevuto in regalo. Non potevo ascoltarlo, ma lo custodivo come fosse stata una cosa importante da portare in salvo, perché tanto prima o poi lo avrei potuto sentire. Nessuno di noi parlava. Il silenzio, ecco, ricordo l’imponente silenzio di quella notte.

Verso mezzanotte, dal balcone sentiamo l’ultimo boato forte. La colata devastante. La furia della montagna riecheggiava nel vuoto. Poi ho rimosso tutto ciò che è accaduto dopo. Delle telefonate ricevute quella notte non ho memoria, eppure ho risposto io a tutte, fino a che non è crollata anche la connessione telefonica.

 Da quel giorno ho un motivo in più per festeggiare il mio compleanno. Essere viva. Ed il soffio sull’ultima candela è sempre per le vittime del 5 maggio 1998.

Maria Luisa Franco

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