Diocesi in festa per i due nuovi presbiteri

Il vescovo Giuseppe Giudice presiederà le due celebrazioni il 20 ed il 27 aprile.
La celebrazione per le ordinazioni diaconali – foto Alfano/Insieme

“Egli…poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta” (Eb 7, 24). È il passo biblico che accompagna le ordinazioni presbiterali dei diaconi don Domenico Petti e don Mattia D’Antuono.

Il vescovo Giuseppe Giudice presiederà le due celebrazioni il 20 ed il 27 aprile.

Don Domenico sarà ordinato domani, giovedì 20 aprile alle ore 18.30 nella basilica di Santa Maria Materdomini in Nocera Superiore. Don Mattia D’Antuono, invece, sarà ordinato giovedì 27 aprile alle ore 18.30 nella parrocchia di San Giovanni Battista in Angri.

I due novelli presbiteri presiederanno la loro prima Celebrazione Eucaristica: don Domenico il 21 aprile alle ore 19.00 nella parrocchia di Maria SS. di Costantinopoli in Nocera Superiore; don Mattia il 29 aprile alle ore 19.00 nella parrocchia di San Giovanni Battista in Angri.

Mattia e Domenico, il dono della chiamata al sacerdozio

Abbiamo imparato a conoscere meglio i due presbiteri grazie all’intervista realizzata dalla nostra Antonietta Abete lo scorso settembre.

Tra i primi ricordi di don Mattia c’è la Messa dei bambini a cui partecipava insieme al papà e alla sorella nella parrocchia di San Giovanni Battista ad Angri. Sua mamma accudiva la nonna e partecipava alla Celebrazione vespertina. Una fede semplice, respirata nella famiglia numerosa – la mamma Anna, il papà Eduardo e quattro fratelli: Gennaro, Lucia, Gianpiero e Maria – e alimentata poco alla volta grazie alla partecipazione alla vita comunitaria.

Le catechiste che lo preparano al primo incontro con Gesù scorgono in quel bambino riservato un’attenzione particolare per l’Eucaristia. «Inizio a frequentare con più assiduità la parrocchia, non solo per la Messa» racconta don Mattia D’Antuono.

Tassello fondamentale nel suo percorso di crescita è l’incontro con mons. Vincenzo Leopoldo, che arriva alla guida della comunità quando Mattia, classe 1996, ha 10 anni, ha ricevuto da poco la Prima Comunione e frequenta il gruppo ministranti.

Vive un’adolescenza tranquilla, fatta di studio, amici e impegni in parrocchia. Dopo le scuole medie si iscrive all’Istituto d’istruzione superiore statale “Antonio Pacinotti” a Scafati, un ambiente nuovo e per certi versi un po’ complesso. «L’insegnante di italiano era molto esigente – ricorda –. Non ho mai avuto una passione sfegatata per lo studio e il suo rigore mi ha aiutato molto».

Chiedo a Mattia quando ha sentito i primi segni della chiamata al sacerdozio. «Il Signore mi chiamava da sempre ma ho custodito ogni cosa dentro di me, con grande riservatezza». “

“Dio è un Dio vivente, è un tu con cui si parla, non di cui si parla”. Questa frase del filosofo e teologo Martin Mordechai Buber, che ha scelto per il suo profilo WhatsApp, racconta molto della sua indole: ragazzo serio e profondo, a cui non piace il chiacchiericcio.

La riservatezza è stata la caratteristica del suo percorso vocazionale. Mattia ha sempre custodito nel cuore il legame con il Signore, ritagliandosi, e a volte non senza sacrificio, i tempi per nutrirlo e alimentarlo. Un’intimità con il Signore coltivata anche in altri luoghi, come la montagna, una sua grande passione. «Quando vado in montagna riesco ad entrare di più nella mia vita e a parlare con Lui – dice –. Il creato ci parla di Lui, è la prima Bibbia dice san Bonaventura».

«Non fa per me», è questo il dilemma che lo affligge conseguita la maturità. «Ero diviso, non dovevo decidere cosa fare ma chi essere».

Non vuole iscriversi all’Università e nel frattempo gli arrivano diverse offerte di lavoro. Si prende un anno per decidere, fino a quando non ce la fa più. Quel sentimento che porta nel cuore e che cerca di tenere a bada trasborda.  Si affida a un padre spirituale. È la svolta: «mi ha dato un forte aiuto, ha tirato fuori quello che avevo dentro».

Dopo un cammino di discernimento, parla con il vescovo Giuseppe ed entra in seminario. «Mi ha accompagnato don Enzo Leopoldo, sono rimasto estasiato dalla bellezza del luogo, una finestra sul golfo di Napoli».

I diaconi Mattia D’Antuono e Domenico Petti con il vescovo Giuseppe – foto Alfano/Insieme

Don Domenico Petti, classe 1997, di Nocera Superiore, invece, è cresciuto nella parrocchia Maria Santissima di Costantinopoli.

«Fino a 8 anni non ho frequentato la parrocchia – racconta –, anche se quando andavo a Messa con mia nonna ero affascinato dal servizio all’altare». La sua passione è il calcio ed è lì che il Signore lo intercetta: un giorno don Roberto Farruggio, alla guida della comunità fino al 10 settembre del 2017 quando gli è succeduto don Raffaele Corrado, l’attuale parroco, si presenta alla scuola calcio per invitare i ragazzi in parrocchia. Il piccolo Domenico si avvicina così alla comunità, passando prima per il gruppo ministranti e poi per l’Azione Cattolica. Affascinato dal servizio all’altare, inizia ad andare a Messa più spesso. Diventa educatore, poi responsabile dei ministranti. Per chi è disponibile, gli impegni in parrocchia non mancano mai.

Terminate le scuole medie, si iscrive all’Istituto tecnico per geometri. Al terzo anno – ha 16 anni – comincia un cammino di discernimento: che cosa voglio fare, si domanda, voglio avere una fidanzata? In questo percorso è accompagnato dalla lettura di due libri: “Dono e mistero”, scritto da Giovanni Poalo II nel 50esimo anniversario di sacerdozio e “Padre Pio e Maria” di Laura Sarubbi. Letture capitate per caso, anche se in ogni storia vocazionale spesso la Provvidenza assume le sembianze delle circostanze.

«Ho capito che ciò che provavo e sentivo aveva un nome: vocazione» dice. Sembrerebbe tutto chiaro. E invece no, perché Domenico inizia a vivere una profonda lotta interiore.

Passa un anno complesso, cerca di resistere, di opporsi a questa chiamata. Nel 2014, nel santuario di Pompei, si confessa dopo tanto tempo. Il sacerdote gli chiede di aprire il cuore al suo parroco. Domenico promette anche di ricevere il sacramento della Confermazione per fare più chiarezza nella sua vita.

Con grande fatica, parla con don Roberto Farruggio e scopre che il sacerdote aveva già capito tutto. La lotta interiore diventa ancora più dura. Sperava che don Roberto gli dicesse: non fa per te. Che lo tirasse fuori dall’impiccio. Il giovane inizia a vivere un periodo difficile, tenta di mettere tutto a tacere. «Dopo qualche settimana ritorno in parrocchia ma comincio a “scioperare” daimie incarichi. Faccio solo lo stretto indispensabile». Lancia addirittura una provocazione al Signore: “Non vado in seminario se non entra anche un altro giovane”. Non poteva sapere che il buon Dio stava parlando al cuore di un altro ragazzo. L’anno successivo, è il 2015, entra in seminario don Fabio Senatore a cui il vescovo Giuseppe ha da poco affidato la comunità Santa Maria Maggiore di Nocera Superiore.

All’inizio del quarto anno di scuola superiore si inizia a fare sul serio: «Mi arrendo e inizio a frequentare le domeniche vocazionali. Si tratta di momenti organizzati dal Seminario Arcivescovile di Napoli». Papà Antonio e mamma Carmelina, insieme ai fratelli Ida e Luigi, ancora non comprendono nulla, gli impegni di Azione Cattolica aiutano Domenico a tenere riservato il suo cammino di discernimento. Al quinto anno, verso Pasqua, la scelta diventa definitiva: in un ambiente lontano da casa e dalla parrocchia il giovane si sente libero di essere se stesso. Nel 2017 entra in seminario. La famiglia non se lo aspetta, all’inizio fa un po’ resistenza, poi comprende. Nel frattempo, alla guida della comunità arriva don Raffaele Corrado: «Ho fatto l’anno propedeutico con don Roberto, il primo anno e quelli successivi con don Raffaele».

Domenico che ha conseguito il baccalaureato, degli anni di seminario dice: «Sono stati lunghi e impegnativi, ma questa scelta è diventata esclusiva, l’unico progetto che riuscivo a vedere era il dono della mia vita nel presbiterato».

Durante la nostra chiacchierata, Domenico ringrazia le comunità San Giovanni Battista e Santa Maria del Ponte a Roccapiemonte, affidate a don Giuseppe Ferraioli, in cui ha svolto il servizio da seminarista. Mattia tutti gli amici e i fratelli che lo hanno accompagnato in questi anni. Perché la gratitudine – dice – è il presupposto per il futuro ministero.

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