Non è mai troppo tardi, l’esperienza del Cpia Salerno

La realtà scolastica del Centri Provinciale per l’Istruzione degli Adulti in provincia di Salerno, dai percorsi di alfabetizzazione per stranieri ai corsi per anziani, adulti e giovani. Ne abbiamo parlato con la dirigente Maria Montuori.

Con il processo di riforma del sistema scolastico concluso nell’anno scolastico 2015/2016, sono stati istituiti i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti, più semplicemente chiamati CPIA, divenuti parte integrante e cuore vivo della scuola pubblica, raccogliendo in eredità le funzioni dei Centri Territoriali Permanenti (CTP) e delle Istituzioni scolastiche sede di corsi serali.

Nel CPIA si realizzano corsi e attività per adulti e giovani che abbiano compiuto almeno 16 anni. Si possono iscrivere gli studenti stranieri che necessitano di imparare la lingua italiana (percorsi di alfabetizzazione); chi desidera conseguire il diploma di scuola secondaria di primo grado (licenza media) o la certificazione di conseguimento dell’obbligo formativo (percorsi di I livello); coloro che vogliono avvicinarsi o perfezionare la loro conoscenza delle nuove tecnologie e delle lingue straniere o che necessitano di orientamento o di ri-orientamento professionale.

I CPIA lavorano in rete con gli Istituti Scolastici di II grado con percorsi di II livello, per gli adulti che vogliono conseguire un diploma, gli Enti di Formazione, gli Enti Locali e tutti i soggetti pubblici e privati che si occupano di istruzione e formazione degli adulti.

La realtà scolastica del Cpia in provincia di Salerno conta cinque sedi: Salerno, Mercato San Severino, Nocera Inferiore, Eboli e Vallo della Lucania. Ne abbiamo parlato con la dirigente scolastica, Maria Montuori.

La dirigente scolastica Maria Montuori

Quanti studenti seguite e quale è l’approccio ai corsi?

«In tutte le nostre sedi associate e nei punti di erogazione sono partite le attività didattiche che vedono coinvolti attualmente circa 650 alunni. Nel primo step c’è la fase di accoglienza. Ai corsisti è stata somministrata un’intervista per il riconoscimento di eventuali crediti, propedeutica alla stipula del Patto Formativo, documento che sancisce il percorso del corsista per valorizzare il patrimonio di saperi acquisiti nel corso della vita».

Avete anche aule nel carcere di Fuorni, Eboli e Vallo della Lucania. Realtà certo non facili da seguire. Come vengono accolte le vostre proposte e con quali risultati?

«Nel percorso formativo e di rieducazione, l’istruzione in carcere è una delle fasi più significative. Promuove la crescita culturale e civile della persona detenuta e gli fornisce gli strumenti per aiutarla a ripensare e ridefinire il proprio progetto di vita.

La scuola diventa per loro una boccata di ossigeno, perché diventa luogo di confronto e un’occasione per appassionarsi alla conoscenza e alla lettura, cercando di superare la sgradevole sensazione della solitudine della propria condizione. Resta molto difficile stabilire un contatto, entrare in empatia con un corsista detenuto: proprio per questo le proposte formative devono essere accattivanti per poterli motivare alla frequenza».

La scuola, in tutte le sue declinazioni, è stata tra le realtà più colpite dalla crisi sanitaria da Covid-19. Come l’avete affrontata e oggi come la vivete?

«Il Covid ha profondamente segnato le vite di tutti, ma la scuola non si è mai fermata, grazie al grande lavoro dei docenti. Nell’organizzazione dei CPIA, da ordinamento, esiste una percentuale del 20% di ore da poter destinare alla FAD, cioè alla Formazione a Distanza. Abbiamo attivato con successo la didattica a distanza con le nostre classi e acquisito dispositivi da distribuire. Abbiamo rilevato, addirittura, che in molti casi la DAD ha facilitato la frequenza dei corsi per i nostri studenti adulti, che si sono mostrati motivati e favorevoli allo studio online». 

Avete ripreso le lezioni e i corsi a pieno regime in tutte le strutture?

«Attualmente abbiamo ripreso le attività didattiche in presenza in tutte le sedi, con un forte incremento di iscrizioni che ci rende orgogliosi».

Seguite un panorama variegato di utenti che esce dal classico percorso scolastico. Vi sentite mai delle “cenerentole”?

«Il mondo CPIA è un mondo variegato della formazione: oggi il trend degli iscritti vede in prevalenza adulti extracomunitari, mentre gli adulti italiani sono una minoranza. A questi, però, si aggiungono i giovani adulti fuoriusciti dalle scuole “del mattino”, i minori non accompagnati, molti dei quali in condizione di fragilità. E poi c’è anche chi decide di iscriversi in tarda età perché “non è mai troppo tardi”, come diceva il maestro Manzi. 

Il CPIA ha potenzialità enormi per poter sempre più e sempre meglio contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei nella prospettiva generale del lifelong learning, ma si nutre di grosse contraddizioni e spesso vive problemi di riconoscimento e di legittimazione. Non ci riconoscono come istituzione scolastica autonoma e veniamo equiparati alle associazioni».

Il risultato di cui è più orgogliosa?

«Ogni risultato raggiunto, piccolo o grande che sia, dall’attivazione di un progetto alla creazione delle condizioni per permettere la frequenza di alunni attenzionati, dalla stipula di una nuova convenzione all’arrivo di una iscrizione, mi rende orgogliosa di essere la Dirigente Scolastica di questa scuola e mi spinge a creare rete e sinergie col territorio, affinché il CPIA rappresenti un arricchimento della comunità. Questo perche il CPIA è una scuola statale a tutti gli effetti, impegnata nello sviluppo di una cittadinanza attiva e nel garantire il diritto all’istruzione sancito dalla nostra Costituzione».

Nel 2021 si parla ancora di povertà educativa. Come è possibile e quali sono i fattori da considerare?

«La povertà educativa fa riferimento ad un concetto ampio. Non può essere imputata solamente alla dimensione dell’abbandono scolastico, ma esistono tutta una serie di cause: lo status socio economico della famiglia di appartenenza, la composizione del nucleo familiare e il livello di istruzione, la regione di appartenenza, la città e il centro abitativo. La battaglia contro la povertà educativa è una priorità per la Scuola. Occorre implementare politiche e progetti per ridurre il fenomeno e garantire ad ogni soggetto pari opportunità».

 “Vi racconto la mia esperienza nel Cpia”

Sheyla è arrivata in Italia dal Nicaragua nel 2018. Ha un figlio piccolo e grazie ai corsi promossi dal Cpia ha potuto cominciare a studiare l’italiano

“Sono Sheyla, una ragazza del Nicaragua. Sono arrivata in Italia nel 2018, senza sapere nulla della lingua italiana. Nel 2021 ho saputo del Cpia e ho chiesto se lì insegnavano la lingua italiana alle persone straniere come me. Mi sono iscritta con tante illusioni, ansia, ma con tanta voglia di imparare dopo tanto tempo passato senza studiare. Ma mi sono detta: “non è mai tardi”.

Con un figlio piccolo a cui badare per me era difficile assistere alle lezioni in classe, in presenza, perciò quando ho saputo che era possibile seguire i corsi online, sono stata contentissima. Sono tante le cose positive che ho da dire sul corso: brava l’insegnante, bravi gli alunni e buone le lezioni.

L’approccio al mondo tecnologico per me è sempre stato difficile, ma ho scoperto che pian piano, ogni giorno, si impara qualche cosa di nuovo, soprattutto in questa modalità online.

Se non fosse stato per questo corso, credo che in questo momento non avrei avuto l’opportunità di studiare mentre sono a casa e bado a mio figlio. Il Cpia online è uno strumento importante, perché ci dà l’occasione di studiare anche da casa ed in questi tempi, con l’emergenza Covid 19, è stato un’ottima soluzione per ridurre i contagi”.

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