Esposte nei musei diocesani si potrebbero individuare, a grandi linee, alcune tipologie di manufatti e per farlo possiamo anzitutto dirigere la nostra attenzione fra quelli di uso propriamente liturgico e quelli utilizzati nella paraliturgia, ovvero nell’insieme dei riti religiosi di carattere non sacramentale.
Tutti questi oggetti si possono raggruppare in alcune grandi categorie:
– opere d’arte (pitture, sculture, decorazioni, incisioni, stampe, lavori di ebanisteria);
– vasi sacri, come i calici, le pissidi e le patene;
– suppellettili;
– reliquiari ed ex voto;
– paramenti liturgici ovvero stoffe, pizzi, ricami, abiti ecclesiastici;
– strumenti musicali;
– manoscritti e libri liturgici, libri corali, spartiti musicali.
Archivi e bioblioteche
A queste categorie si possono aggiungere altri materiali di pertinenza degli archivi e delle biblioteche:
– progetti architettonici ed artistici, disegni, modelli e bozzetti;
– materiale documentario connesso ai manufatti;
– libri di memorie su opere, documentazioni su raccolte e su manifestazioni inerenti il patrimonio storico-artistico.
Usi, tradizioni e costumi della comunità
Tutto questo materiale, che esula dai beni tipicamente in esposizione, deve comunque riguardare la Diocesi e le sue parrocchie o gli istituti di vita consacrata, le confraternite, le opere pie e simili, visto che – secondo le indicazioni della Lettera pastorale di cui stiamo seguendo la traccia – un museo ecclesiastico deve provvedere alla conservazione della memoria di usi, tradizioni e costumi propri della comunità e della società civile di appartenenza.
La dimensione spirituale e religiosa delle opere d’arte
Ma al di là delle suddivisioni tipologiche il museo si dovrebbe caratterizzare per l’impegno di mettere in evidenza la dimensione spirituale e religiosa delle singole opere esposte e non solamente il loro valore artistico e storico.
Questa è la specifica connotazione di queste istituzioni culturali che cercano di esplicitare il carattere devozionale e caritativo, alla base della volontà e sensibilità del committente, molto spesso un fedele e, non ultima, la capacità interpretativa dell’artista che ha realizzato l’opera.
Tutto ciò consente di offrire una lettura dei complessi significati attribuibili ai beni culturali ecclesiastici.