Emergenza abitativa e pandemia

“Restate a casa”: il consiglio più sentito e diffuso del 2020, per contrastare l’onda pandemica da SARS- CoV-2. Ma chi una casa non ce l’ha?
Emergenza abitativa

La risposta di una società ad un’emergenza è tanto più efficace quanto più è efficace l’agenda politica nei periodi di stasi. L’arrivo del coronavirus in Italia ha evidenziato le debolezze di un sistema che non mette al primo posto l’umano. Si è visto con la precarietà della scuola, con il sottodimensionamento della sanità, con il fallimento dei trasporti in sicurezza. E si registra anche in tema di emergenza abitativa.

Ci sono emergenze esistenziali che non possono più aspettare i tempi della burocrazia e della politica. Una di queste è l’emergenza abitativa.

I “senzatetto”

Il 31 dicembre 2020 è scaduto il “blocco degli sfratti” e il nuovo anno si è aperto con oltre 20mila famiglie campane senza casa, in una situazione socio-economica ancora fragile e precaria. Numeri destinati a crescere: secondo i dati dell’UNIAT (Unione Nazionale Inquilini Ambiente e Territorio) in Campania il 49% delle famiglie ha difficoltà a pagare il canone di locazione, che incide altamente sul reddito familiare complessivo Infatti, i centri di ascolto Caritas, dalla fine della pandemia, hanno registrato un’impennata di richieste di sostegno per canoni di locazione.

Difficoltà presenti per i nuclei familiari e ancor di più per le persone sole (single, divorziati, anziani, stranieri) che per un monolocale, nel nostro Agro, arrivano a pagare anche 300,00€ più utenze. Per non parlare delle “garanzie”. Sì, perché se non hai busta paga e contratto a tempo indeterminato la casa nessuno te la fitta.

Ed è così che si moltiplicano le persone sul ciglio della strada, che non hanno un posto dove dormire, mangiare, lavarsi. Non per scelta di vita ma per necessità di vita.

Gli invisibili e l’emergenza abitativa

L’ultimo censimento dell’Istat, datato 2015, contava circa 51mila persone che si dichiaravano senza fissa dimora. I numeri sono potenzialmente cresciuti da allora, anche in seguito al diffondersi della pandemia che ha fatto precipitare situazioni già difficili. Sono tante le richieste di accoglienza per la notte che arrivano alle strutture Caritas, ma i posti sono pochi e non sempre si riesce a dire di sì.

Il dramma, per queste persone, arriva quando il persistere dell’assenza di una dimora porta alla cancellazione della precedente residenza anagrafica. Senza una residenza non hanno diritto all’assistenza sanitaria, non possono produrre documenti di riconoscimento, non possono fare Isee né accedere ad eventuali bonus o sostegni statali. Diventano invisibili. Anche se la normativa italiana dà strumenti per aiutare i senza fissa dimora, non tutte le amministrazioni sono in grado di mettere in pratica le soluzioni.

Come per il “registro per i senza fissa dimora” (che equivale ad una residenza fittizia), obbligatorio dal 2010 presso gli uffici anagrafe, di cui ancora molti comuni della Campania sono sprovvisti, negando di fatto l’accesso ai servizi e alla salute ai senza fissa dimora.

Le soluzioni per contrastare l’emergenza abitativa

Non serve trovare soluzioni lunari, ma utilizzare il buon senso. Basterebbe rinegoziare i canoni di locazione, con agevolazioni fiscali ai proprietari che così non risentirebbero del peso delle tasse, e puntare sull’edilizia pubblica sociale, unica vera risposta visto il divaricarsi sempre maggiore della forbice sociale. L’offerta di alloggi pubblici è l’unico mondo per dare un’opportunità alle migliaia di famiglie che restano fuori dal mercato privato. Nel frattempo, puntare ad aumentare le risorse a sostegno degli affitti per le fasce deboli.

Per i senza fissa dimora, per le persone sole, è da auspicare il moltiplicarsi sui territori delle strutture d’accoglienza promosse dagli ambiti territoriali dei servizi sociali. Nel nostro Agro nocerino-sarnese ancora non sono attive strutture pubbliche con tali caratteristiche. Casa Betania, il dormitorio della Caritas di Nocera Inferiore-Sarno, è sempre al completo, nonostante le continue “uscite” degli utenti seguiti dalla struttura.

Adesso i ristori non bastano più. È il momento di investire sull’umanità.

Sofia Russo

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