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Serenità

Un campo di papaveri e fiordalisi

Serenità è l’auspicio per la ripresa graduale delle celebrazioni. Si concentra su questo stato d’animo l’editoriale di maggio del direttore di Insieme

 

Serenità. Potrebbe stridere scrivere di questa condizione emotiva, mentre intorno snocciolano ancora bollettini di contagiati, ricoverati e morti a causa del Covid-19. Lo faccio perché credo che tutti, anche in questo frangente, debbano tendere verso la serenità.

Dobbiamo ritrovarla nel quotidiano, anche se ci chiede di fare i conti con distanziamento, mascherine e guanti. Una suora mi ha detto: «Speriamo di rivederci presto senza queste mascherine. Di riabbracciarci». Le ho risposto: «Non sono queste il problema. Il mio desiderio è poterci rivedere con serenità».

A mio parere, senza questa condizione, che richiede una predisposizione, un lavoro interiore, sarà molto difficile vivere la fase 2 dell’emergenza sanitaria. Saranno solo scintille.

Si assiste fin d’ora ad una lotta tra Guelfi e Ghibellini. Su ogni tema; complice la “cloaca” in cui spesso si trasformano i social media. Altro che serenità. Tranne rare eccezioni, ci si approccia a tutto con acrimonia e pregiudizio, certi che la mia verità è la Verità.

La Verità, per noi che crediamo – se crediamo – è una: Cristo. Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Non è possedere o conoscere. È un modo di vivere. Gesù è amore. Anche le nostre parole e azioni devono rivelarlo, dando luce.

«La verità è sempre coraggiosa e amabile. Quando invece è arrogante, senza tenerezza, è una malattia della storia che ci fa tutti malati di violenza. La verità dura, gridata da parole come pietre, quella dei fondamentalisti, non è la voce di Dio», scrive padre Ermes Ronchi. Ricordiamolo nei cortili della nostra vita: più che difendere la nostra verità, siamo Verità. Non è facile. Tuttavia, potremmo sperimentarlo nella questione delle questioni che ha animato il contesto ecclesiale italiano: le Celebrazioni senza popolo.

Quanti scontri tra fratelli per difendere le rispettive verità dimenticando – io per primo – di essere Verità: amore per l’altro, comprensione e dialogo, guida e ammonimento.

La Chiesa italiana ha condiviso, «certo con sofferenza, le limitazioni imposte a tutela della salute di tutti, senza alcuna volontà di cercare strappi o scorciatoie, né di appoggiare la fuga in avanti di alcuni; ci siamo mossi in un’ottica di responsabilità, a tutela soprattutto dei più esposti», ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti. Non lo dimentichi nessuno. I Vescovi lo hanno fatto per amore del loro popolo e per il bene della Chiesa.

In tutto questo tempo non si è mai smesso di lavorare affinché si potesse ritornare a celebrare insieme l’Eucarestia. Un risultato raggiunto, consapevoli che bisognerà rispettare dei protocolli e la norma non scritta, il buon senso. Non è una conquista o un riconoscimento. È il lento ritorno alla normalità, che ci auguriamo sia caratterizzato dalla serenità.

 

Salvatore D’Angelo

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