Giustizia per Luigi Bruno Battipaglia

Luigi Bruno Battipaglia viveva nel quartiere Fosso Imperatore, a Nocera Inferiore, è stato barbaramente ucciso il 13 dicembre del 2018. Sono passati 12 mesi ma le indagini sono ancora in corso. La famiglia chiede giustizia. La loro storia sull’ultimo numero di Insieme.

di Antonietta Abete

Una sera, all’apparenza come tante altre, la vita della famiglia di Luigi Bruno Battipaglia del quartiere Fosso Imperatore di Nocera Inferiore è cambiata per sempre. Anna Rita Ferrara ha perso l’amore della sua vita, Giuseppe e Felice, 21 e 20 anni, il papà di cui avevano ancora tanto bisogno.

Alle 21.00 del 13 dicembre 2018, Luigi Bruno Battipaglia, diretto al mercato ortofrutticolo di Molfetta con un carico di finocchi, è stato barbaramente ucciso sulla Statale 16, nei pressi dell’uscita San Ferdinando di Puglia. Aveva 48 anni. È passato un anno da quella terribile notte ma la famiglia ancora non sa cosa sia successo né chi si sia macchiato del terribile omicidio.

Luigi, commerciante di ortofrutta, dopo il diploma aveva portato avanti l’attività di famiglia insieme al fratello Felice. Da 30 anni, tre volte a settimana – domenica sera, martedì e giovedì sera – si recava al mercato ortofrutticolo di Molfetta, come aveva fatto prima di lui il suo papà. Conosceva benissimo la strada al punto da dire qualche volta alla moglie: «Se lascio il volante, il furgone va avanti da solo».

È Anna Rita Ferrara, che ha sposato Luigi il 3 aprile 1997, a raccontarmi gli ultimi giorni vissuti insieme al marito. Da anni impegnata nella comunità di Sant’Anna in Fiano e Fosso Imperatore, affidata a don Mario Ceneri, la donna aveva passato il lunedì e il mercoledì sera in parrocchia perché stavano organizzando una raccolta fondi per una signora che aveva perso il marito. Un particolare che, riletto oggi, sembra uno strano scherzo del destino.

Il giovedì mattina, l’ultimo giorno di vita di Luigi, l’uomo aveva fatto piccoli lavori in casa e preparato la legna per il camino. «Mi aiutava in tutto», ricorda. Un ragazzo semplice, che si metteva ai fornelli e preparava da mangiare se la moglie non c’era. Mancava poco a Natale e quel giorno nefasto Anna Rita esce per comprare le ultime cose per la tombolata della parrocchia. «La sera cenavamo sempre tutti insieme ma ho tardato un po’. L’ho trovato seduto ad aspettarmi accanto al camino.

«Vuoi portarmi con te?», gli ha domandato. Capitava spesso che Anna Rita accompagnasse Luigi in quel viaggio che era parte integrante della loro esistenza. Ma questa volta Luigi dice di no, Anna Rita la sera seguente, venerdì 14 dicembre, ha un impegno in parrocchia a cui non può mancare. Si salutano con la frase più bella che due persone che si amano possono dirsi: a domani. Parole a cui, normalmente, nella notte si aggiungevano telefonate, messaggi e note vocali su WhatsApp.

Quella sera invece prende una piega diversa. Sono da poco passate le 22.00 quando squilla il telefono di casa. Un orario che non fa presagire nulla di buono. Risponde il figlio Felice dallo studio situato al piano terra dell’abitazione. Poi chiama la mamma sul cellulare e le chiede di scendere. «Papà ha avuto un incidente ma non spaventarti», le dice. I carabinieri, allertati da una telefonata anonima perché il furgone di Luigi ostruiva la strada, avevano contattato la famiglia per chiedere notizie sul numero di targa e sull’abbigliamento dell’uomo.

È l’inizio del dramma. Anna Rita afferra il cellulare e inizia a chiamare il marito. Una, due, tre, dieci telefonate. Ma Luigi non risponde. I due figli, Felice e Giuseppe, insieme allo zio Felice e ai cugini del papà, partono subito. Anna Rita invece resta a casa in compagnia della sua angoscia. Chiama i colleghi di Luigi a Molfetta per chiedere loro di andare a vedere cosa è successo. «Erano più vicini di noi», racconta. Persone con cui Luigi aveva un rapporto cordiale, amato e stimato da tutti. Amici che negli anni aveva conosciuto anche Anna Rita, insieme al marito infatti aveva partecipato a matrimoni, battesimi e prime Comunioni.

In quelle ore, la donna teme il peggio ma nessuno ha il coraggio di dirle la verità. «Quando i ragazzi sono tonarti a casa erano distrutti. Ed io ho capito», ricorda. Felice, seduto al tavolo della cucina, ascolta in silenzio sua mamma riannodare il filo dei ricordi. Un ragazzo di appena 20 anni che ha passato la notte in caserma, costretto a vedere, insieme al fratello Giuseppe, il corpo del padre barbaramente ucciso. «Freddato da più colpi, che non provenivano da una sola arma da fuoco», aggiunge con uno sguardo carico di dolore.

Molto si è detto e scritto su questo delitto avvenuto in un’area in cui si registra un alto tasso di delinquenza, con furti e rapine messi a segno da bande specializzate. Gli unici dati certi sono questi: Luigi aveva con sé 1000 euro che sono stati ritrovati insieme alla collana d’oro che portava al collo e al portafoglio. «Si è parlato di un tentativo di rapina – spiega Felice – ma si tratta solo di un’ipotesi, una ricostruzione dei giornalisti. Le forze dell’ordine non hanno mai detto o confermato nulla».

Come accade spesso nei casi di cronaca, nei giorni successivi al delitto in molti hanno fatto sentire la propria voce, chiedendo il carcere a vita per gli assassini di Luigi. Poi è calato il silenzio. Dopo 12 mesi, i carabinieri non si sbilanciano perché le indagini sono ancora in corso. Anche il magistrato, consultato dal legale della famiglia, l’avvocato Agostino De Caro, non ha potuto aggiungere molto di più.

Anna Rita non si dà pace. «Non sappiamo nulla» dice e subito aggiunge: «Potevano picchiarlo, così invece hanno rovinato la vita di più famiglie». Il suo pensiero va ai genitori anziani di Luigi, Giuseppe e Assunta, al fratello Felice, alla sorella Imma. «Non accetto di non averlo più con me e di non sapere neppure cos’è successo. Vogliamo giustizia, abbiamo il diritto di sapere quello che è accaduto» afferma la donna la cui vita è divenuta di colpo buia come i vestiti che indossa e che non toglierà mai più.

Da qualche mese un’amica l’ha convinta a lavorare mezza giornata presso un banco di verdure a Nocera Inferiore, per tentare di interrompere quel flusso continuo di pensieri e dolore che l’attanaglia. Ma quel lavoro è troppo simile a quello svolto dal marito. «Mi piacerebbe sperimentarmi in un altro ambito – racconta –, magari in uno studio medico». Natale è alle porte, il secondo che questa famiglia passa senza Luigi. Insieme a loro, anche noi chiediamo giustizia per Luigi e lanciamo un appello a tutti i medici dell’Agro, con l’augurio che qualcuno possa in parte lenire il dolore di questa donna, che ha già sofferto troppo, offrendole un lavoro.

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