Il Crocifisso di Piedimonte a Nocera Inferiore: storia e simboli di un popolo

Luigi Chiarolanza ricorda la storia e spiega i simboli presenti sul dipinto del XVII secolo.
Il Crocifisso di Piedimonte – foto L. Chiarolanza

Lungo le strade di Nocera Inferiore ricorrono, frequenti, così come le edicole votive, i crocifissi, caratteristiche espressioni della spiritualità religiosa del nostro territorio.

Il più delle volte la loro ubicazione non era casuale, ma rispondeva ad esigenze diverse, come: costituire punti di riferimento collegati con la viabilità, scandire i tempi di percorrenza, delimitare il confine del territorio di pertinenza di un “popolo”.

Le croci stradali erano collegate per lo più alla pratica religiosa delle rogazioni, delle pubbliche processioni di supplica, delle missioni popolari.

Il Crocifisso di Piedimonte, presente nello slargo di intersezione tra via Giacomo Piccolomini d’Aragona e via Salvador Allende, è un dipinto realizzato a due facce speculari su supporto ligneo.

Con ogni probabilità, è stato realizzato come ex voto per la fine della pestilenza che flagellò il Regno di Napoli alla metà del XVII secolo.

Risulta che il Crocifisso e l’edicola che lo contiene abbiano subito diversi restauri. Con sicurezza possiamo annoverarne uno nel 1878, uno nel 1984, e, in ultimo, nel 2008.

Il Crocifisso di Piedimonte, a differenza di altri presenti sul territorio di Nocera Inferiore, come quello sito nello slargo tra via Cicalesi e via Anna Calenda de Tavani, reca diversi segni correlati alla Passione di Cristo.

I “Segni” o “strumenti della Passione”

Per ben descrivere quanto vediamo sulla Croce presente a Piedimonte e per comprenderne correttamente la portata è necessario fare una breve premessa.

Nella tradizione anche iconografica cristiana alcuni strumenti ed oggetti sono identificati come “strumenti della Passione” (in latino “arma Christi”) e fanno riferimento a quegli oggetti che furono usati per la crocifissione di Gesù.

Tra di essi i più rilevanti secondo la tradizione sono:

  • la croce;
  • i chiodi (tre o quattro);
  • la corona di spine;
  • la lancia con cui Gesù fu trafitto;
  • l’iscrizione col motivo della condanna.

Ognuno degli Strumenti della Passione è diventato nel tempo un oggetto di venerazione per i cristiani, è stato innumerevolmente raffigurato in icone e dipinti ed in molti casi conservato come reliquia.

Ciascun oggetto, oltre a diventare occasione di meditazione a partire dalla Chiesa in epoca medievale, è stato a volte mostrato nelle rappresentazioni sacre, quando non utilizzato direttamente sui penitenti.

Ciò avveniva nelle antiche confraternite penitenziali dei battenti o dei flagellanti o durante le processioni del Venerdì Santo con i confratelli che portano il gallo (che simboleggia il tradimento di san Pietro, Marco 14,66-71) e i dadi da gioco (che simboleggiano i soldati romani: sulle vesti tirarono in sorte…, Marco 15,24).

Il Crocifisso di Piedimonte – foto L. Chiarolanza

Storia di un ritrovamento

In merito al ritrovamento dei vari “Strumenti della Passione” diversi autori (tra cui sant’Ambrogio e san Gregorio di Tours) riferiscono che, dopo la deposizione di Gesù dalla croce, furono seppelliti sul luogo della crocifissione.

Vennero ritrovati circa trecento anni dopo da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, che allo scopo fece scavare l’area del Golgota dove sorgeva un tempio pagano.

Secondo il racconto tradizionale, colorito di particolari leggendari, furono ritrovate tre croci: quella di Gesù e quelle dei due ladroni che erano stati crocifissi con lui. La croce di Gesù fu riconosciuta accostandovi un paralitico, il quale fu subito guarito.

Nella croce erano ancora conficcati i chiodi, tre (se i piedi erano stati inchiodati insieme) o quattro e fu ritrovato anche il titulus, cioè l’iscrizione con il motivo della condanna.

Stando alla tradizione, sant’Elena portò alcuni frammenti della croce e gli altri oggetti a Roma. La leggenda narra che durante la traversata del Mare Adriatico la nave si trovò in mezzo a una tempesta e l’imperatrice gettò uno dei chiodi in mare e subito le acque si placarono.

Dei due (o tre) chiodi superstiti, uno fu montato sull’elmo da battaglia di Costantino, l’altro (o gli altri) furono modellati a forma di morso per il suo cavallo.

Essi fecero certamente parte delle insegne imperiali almeno fino al 395, quando sant’Ambrogio ne parlò nella sua orazione funebre per l’imperatore Teodosio I.

I “segni” presenti sul Crocifisso di Piedimonte

Orbene, come diverse altre sacre icone, anche il Crocifisso di Piedimonte, che ricade nel territorio della parrocchia San Bartolomeo Apostolo, si caratterizza per la presenza di diversi “segni” della Passione.

La colonna

Ai piedi della croce si vede una colonna. È memoria di quella dove venne legato il Cristo per essere sottoposto alla flagellazione.

Si annoti qui, in relazione a quanto detto, in tema di reliquie e tradizione, che la presunta colonna utilizzata dai soldati romani per flagellare Gesù su indicazione di Pilato è conservata oggi a Roma, presso la Basilica di Santa Prassede.

Fu fatta giungere direttamente da Gerusalemme nel XIII secolo dal cardinale Giovanni Colonna.

Il Cartiglio

È il titulus crucis, cioè l’iscrizione che recava il motivo della condanna comminata a Cristo. Vi si legge la scritta INRI ovvero l’iscrizione in latino Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum (Gesù Nazareno Re dei Giudei) dettata da Pilato.

Il sole e la luna

Agli estremi dei bracci della Croce si vedono il sole e la luna. I due astri rappresentano l’eclissi che si verificò durante la passione di Cristo (Mt 27,33-50).

La mano o il guanto

Si riferisce all’episodio della derisione che Gesù dovette subire nel pretorio da parte dei soldati. Nei Vangeli si racconta infatti che un soldato colpì con uno schiaffo il volto di Gesù (Lc, 22,63-65).

La scala, il martello e la tenaglia

La presenza di questi strumenti si giustifica con l’azione della crocefissione e della rimozione del Corpo di Gesù dalla Croce dopo la sua morte.

Il martello è quello usato per piantare i chiodi nelle mani e nei piedi di Gesù, la tenaglia fu quella usata per togliere i chiodi all’atto della deposizione e la scala venne usata da Pietro d’Arimatea per rimuovere il corpo di Gesù.

Il calice

Raffigura il calice usato da Gesù nell’ultima Cena. Alcune tradizioni vogliono che questo calice sia stato utilizzato poi da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue sgorgato dal costato di Cristo durante la crocifissione.

La lancia

La lancia è quella utilizzata, secondo la tradizione, da Longino per trafiggere il costato di Cristo crocifisso.

Tradizionalmente si identifica con la reliquia della “Lancia Sacra” che è conservata nel tesoro imperiale di Vienna.

La canna con in cima la spugna

Rappresenta la canna usata per porgere la sacra spugna imbevuta d’aceto a Gesù (Mt 27,33-50).

I dadi

Sono i dadi con i quali i soldati si giocarono a sorte la tunica di Cristo, episodio menzionato nei tre sinottici (Luca 23,34; Marco 15,24 e Matteo 27,35).

La brocca

Rappresenta o la brocca da cui Pilato attinse l’acqua per liberarsi dalla colpa di dover condannare il Cristo o, secondo un’altra interpretazione, il recipiente contenente l’aceto che venne offerto a Gesù sulla Croce.

Il gallo

Si riferisce all’episodio del triplice tradimento di Pietro annunciatogli da Gesù nell’ultima cena. Il gallo cantò dopo che san Pietro ebbe rinnegato, per la terza volta, Gesù nell’atrio del Sinedrio (Mc, 14,66-71).

Luigi Chiarolanza

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