A un anno dalla “fase due”: il monitoraggio della Caritas

A un anno dalla “fase due”, Caritas Italiana pubblica il monitoraggio sui nuovi poveri
Esattamente un anno fa, il Consiglio dei Ministri approva il decreto legge che determina l’avvio della cosiddetta “fase due”. Dopo il duro lockdown della primavera, si iniziano a vedere le macerie, economiche e sociali, che il virus ha lasciato dietro di sé.

Aziende chiuse, attività commerciali in sofferenza, intere categorie lavorative tagliate fuori dalla ripresa. Cassa integrazione per i più fortunati. La società ha cambiato i suoi equilibri mentre la forbice del divario sociale si allarga sempre di più.

Caritas Italiana in questi mesi ha monitorato il lavoro di 190 Caritas diocesane, con l’obiettivo di tracciare i nuovi bisogni, le nuove vulnerabilità ma anche le nuove speranze di questo tempo.

Dal 1 settembre 2020 al 31 marzo 2021 le Caritas hanno accompagnato 544.775 persone. Le donne sono la maggioranza: 53,7%, così come sono la maggioranza gli italiani (57,8%). Quasi una persona su quattro (24,4%) è un “nuovo povero”, cioè non si era mai rivolta in precedenza alla rete Caritas. Si tratta di 132.717 persone in totale. In questo caso l’incidenza degli italiani è ancora maggiore: il 60,4% dei nuovi poveri è infatti un nostro connazionale. Uomini e donne sono in eguale numero.

Complessivamente, dal maggio 2020 ad oggi, in oltre un anno di pandemia, si sono rivolti alle Caritas 453.731 nuovi poveri.

Accanto a situazioni legate ai bisogni fondamentali della persona (il lavoro, la casa…) – si legge nel monitoraggio Caritas –, compaiono bisogni inerenti alla sfera formativa e al disagio psico-sociale, che colpiscono soprattutto le donne e i giovani:

  • difficoltà legate al precariato lavorativo/occupazione femminile (93,2% delle Caritas);
  • difficoltà legate al precariato lavorativo/occupazione giovanile (92,1%);
  • persone/famiglie con difficoltà abitative (84,2%);
  • povertà educativa (abbandono, ritardo scolastico, difficoltà a seguire le lezioni, ecc.) (80,5%);
  • disagio psico-sociale dei giovani (80,5%).

Anche altri fenomeni sono segnalati in aumento: il disagio psico-sociale degli anziani e delle donne (entrambi indicati dal 77,4% delle Caritas), la povertà minorile (66,3%), la rinuncia/rinvio dell’assistenza sanitaria ordinaria, non legata al Covid (66,8%), le violenze domestiche (51,1%).

Le persone più frequentemente aiutate dalla Caritas sono state soprattutto: persone con impiego irregolare fermo a causa del Covid19 (61,1%); lavoratori precari/intermittenti che non hanno potuto godere di ammortizzatori sociali (50%); autonomi/stagionali, in attesa delle misure di sostegno (40,5%); lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria/cassa integrazione in deroga (35,8%).

Gli ambiti e i settori economici che hanno risentito maggiormente della crisi economica correlata al Covid sono stati soprattutto quelli della ristorazione, segnalati dal 94% delleCaritas diocesane, seguiti dal settore turistico-alberghiero (77,4%). La maggioranza assoluta delle diocesi segnala anche la difficoltà degli esercizi commerciali (64,2%) e delle attività culturali, artistiche e dello spettacolo (53,2%).

Diverse le risposte che le Caritas hanno saputo dare: non solo contributi economici o consulenza sulle misure assistenziali, ma vero e proprio sostegno sul fronte del lavoro e nell’ambito educativo.

Volontarie dell’Emporio della Carità “Alfonso Di Natale” – San Sisto II, Pagani

Da sottolineare ancora una volta il grande contributo offerto complessivamente nel 2020 dagli oltre 93mila volontari operanti nei 6.780 servizi della rete Caritas, che hanno saputo dare un segno tangibile della presenza fraterna della Chiesa, accanto a tante situazioni di disagio e sofferenza. Tra questi, è bello evidenziare anche le attività svolte da 407 giovani del servizio civile, che si sono resi disponibili ad offrire il loro aiuto in diversi servizi e opere ecclesiali.

Perché nessuno si salva da solo!

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