Ciliegie a peso d’oro: tra bontà e incertezze

Un calo nella produzione tra il 70 e il 100%
Foto di Couleur da Pixabay

Tempo di ciliegie per i consumatori italiani: buon prodotto, nonostante le condizioni di coltivazione non siano state favorevolissime, ma prezzi troppo alti, tanto da rallentare la partenza del mercato.

E con un’ombra che rischia di rovinare, seppur in parte, la stagione: il lavoro nero nei campi di raccolta.

Così, anche le ciliegie vivono il periodo di grandi contraddizioni che caratterizza un po’ tutto l’agroalimentare: grande qualità, difficoltà nella produzione, condizioni non sempre limpide nelle imprese, un’incertezza diffusa sulle prospettive.

Prodotto e mercato, prima di tutto. Stando a quanto indicato dal Corriere Ortofrutticolo nelle diverse aree di coltivazione, la produzione è valutata su buoni e ottimi livelli anche tenendo conto degli alti costi di produzione.

Una condizione che, comunque, si diversifica sulla base del territorio preso in considerazione. Così In Puglia Confagricoltura parla di “altissimi costi di coltivazione e raccolta, a causa delle devastanti condizioni climatiche che hanno caratterizzato l’inizio di questa primavera”.

Un’osservazione che accomuna anche Coldiretti che stima, sempre in Puglia, un calo nella produzione tra il 70 e il 100%, tanto che si sta profilando la necessità di “dichiarare lo stato di calamità, assieme a controlli serrati sui banchi al consumo”.

La varietà più colpita, fa notare il Corriere, è quella delle ciliegie Ferrovia, tra le più pregiate. Compensano le altre aree produttive dello Stivale. Ancora Il Corriere Ortofrutticolo, per esempio, riporta la situazione di Vignola (altra patria della ciliegia italiana) i cui tecnici parlano di una produzione “che si presenta buona, anche se non eccezionale” e dell’eventualità che si possa arrivare sul mercato “un prodotto di alta qualità”.

La produzione IGP Vignola, tra l’altro, è sul mercato con prezzi al dettaglio sempre superiori ai 10 euro/kg.

La concorrenza estera

Rimane naturalmente il tema della concorrenza dall’estero (anche sleale). I concorrenti esteri, è sottolineato, sono prevalentemente in Spagna ma è la Turchia che “sta diventando un competitor temibile, anche a causa di pratiche scorrette come la frode sull’origine del prodotto”.

Tutto in un mercato che – viene fatto notare un po’ da tutti gli osservatori – stenta a “partire” per i prezzi altri di vendita al dettaglio.

A Milano fino a 23 euro al chilogrammo

Sempre il Corriere fa notare come sui mercati di Bologna il prezzo sia tra i 12 e i 15 euro mentre a Milano sia già arrivato a ben 23 euro al chilogrammo.

Frutti d’oro, in altri termini che devono fare i conti con le tasche del consumatore medio e con un mercato comunque particolare: quasi di nicchia e comunque con un calendario piuttosto breve.

Oltre a tutto questo, poi, il comparto è segnato – come altri dell’orticolture e della frutticoltura – da fenomeni di lavoro nero. Due i casi segnalati negli ultimi giorni e proprio in Puglia, nella patria delle ciliegie Ferrovia.

Si tratta di due aziende che, sottoposte a controlli, sono state ritenute responsabili di “omessa formazione” dei lavoratori e violazioni degli obblighi del datore di lavoro. Quanto basta, naturalmente, per far insorgere le organizzazioni sindacali.

Soprattutto, però, quanto basta per far sottolineare quanto sia sempre labile e fragile il buon nome dell’agroalimentare nazionale tra qualità eccelsa e pratiche non sempre limpide, tra una capacità produttiva di primo piano e il comportamento d’imprese (poche) che antepongono il guadagno a tutti i costi alla dignità e alla sicurezza del lavoro. Anche quando ad essere coinvolti sono prodotti tutto sommato quasi di nicchia come le ciliegie.

Andrea Zaghi

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