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Abbiamo bisogno di una pausa

Nel suo editoriale Salvatore D’Angelo analizza il Rapporto sulla povertà redatto dalla Caritas nazionale. I dati rimandano ad un Paese in cui la povertà è diventata un fenomeno strutturale e che è in aumento anche tra chi lavora.

Abbiamo bisogno di una pausa. Già poterlo affermare ci rende persone fortunate. Intorno a noi ci sono tanti che non possono nemmeno pensarlo perché per questioni economiche, familiari, lavorative, di salute, per le vicende più disparate e disperate, non sanno nemmeno cosa sia una pausa.

Nel lungo elenco troviamo: i lavoratori precari; i padri separati che a stento riescono a far quadrare i conti tra gli alimenti, il mutuo e il dover mangiare; i disoccupati disillusi da un mondo che non offre prospettive; i giovani disincantati da una società che non riesce ad andare oltre lo smartphone; quanti sono alle prese con problemi di salute, perché curarsi sembra essere diventato un lusso.

Ci troviamo in un Paese in cui la povertà è diventata un «fenomeno strutturale» e che è in aumento anche tra chi lavora. È l’immagine dell’Italia restituita dal rapporto sulla povertà redatto dalla Caritas nazionale. Ci stiamo impoverendo con una velocità disarmante. Spaventosa.

Nel 2022 (sono i dati analizzati nel report) i poveri assoluti erano 5,5 milioni. Quindici anni fa erano 1,8 milioni. In tre lustri sono cambiate le abitudini ed è cresciuta l’inflazione. Gli stipendi, in compenso, sono rimasti tali. In alcuni casi sono pure calati.

Basti pensare ai numerosi servizi che la Pubblica amministrazione ha deciso di esternalizzare. Se prima gli addetti alla pulizia o alla logistica negli ospedali erano dipendenti dell’azienda sanitaria – leggi posto pubblico e fisso con tutto quello che ne discende –, ora sono assunti da società che offrono orari ridotti e, di conseguenza, paghe più basse. 

La Pubblica amministrazione ottimizza, togliendosi dal groppone un po’ di personale, ma è l’operaio che ci rimette. Certo, siamo di fronte alle conseguenze di anni di nullafacenti, furbetti che hanno pesato sulle casse pubbliche senza apportare alcun contributo. Le cronache giudiziarie sono zeppe di episodi del genere. Tuttavia, non è giustificabile e comprensibile passare da un opposto all’altro. 

Dal report Caritas emerge che non regge nemmeno chi ha il Reddito di cittadinanza: un italiano su tre che si è rivolto agli uffici dell’organismo della Chiesa italiana beneficiava del sussidio.

Con le modifiche introdotte dal governo Meloni la platea si amplierà ulteriormente. Infatti, tanti single sono fuori dal beneficio statale. E circa il 40% degli utenti Caritas è solo, si tratta per lo più di uomini che vivono in grandi città e spesso hanno delle dipendenze.

Numeri che i più fortunati potrebbero perdersi tra tuffi in mare, creme abbronzanti e passeggiate all’aria aperta. Noi li vogliamo ricordare affinché si ragioni e si lavori con più incisività e concretezza per andare in controtendenza, riducendo un divario che in prospettiva appare destinato solo a crescere.

Abbiamo bisogno di una pausa, sì, ma perché poi ci si metta seriamente al lavoro per il prossimo.

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