Come nasce un santuario? Almeno nel nostro territorio la storia si ripete e, di volta in volta, c’è un ritrovamento di un’icona – Madonna delle Galline – o, come nel caso di Santa Maria della Foce a Sarno, la leggenda narra di un gruppo di donne a cui apparve la Vergine col Bambino in quel luogo che, allora come ora, resta di una limpida bellezza. Il tutto sullo sfondo delle guerre Greco-Gotiche che nella metà del VI secolo sconvolgevano le rive del fiume Sarno. La storia è rappresentata in alto, sulla parete della controfacciata.
L’archeologia del luogo, che è cosa molto più tangibile, la ritroviamo nelle pietre che ci restano, tracce che resistono al tempo e seppur con mille trasformazioni sono giunte a noi nei resti del sito medievale della chiesa ipogea e dell’edificio cinquecentesco di cui restano alcune lapidi e parte del muro del campanile, oggi inglobato in quello della facciata del convento.
Una volta entrati all’interno, un’unica navata con cappelle laterali, colpisce la presenza dell’imponente trono della statua della Madonna col Bambino che sormonta il settecentesco altare in marmo.
Nella prima cappella a destra è collocata l’ottocentesca statua di san Guglielmo da Vercelli, che testimonia un’antica devozione ad uno dei, probabili ma non certi, rifondatori del santuario.
Sempre a destra vi è un altare di sant’Antonio di Padova dove troviamo una scultura lignea del XVIII secolo attribuita allo scultore Nicola Fumo, uno dei massimi esponenti del barocco napoletano. A sinistra, sulla porta che conduce in sacrestia, una tela riproduce l’Annunciazione che Francesco Solimena dipinse per la chiesa di Santa Maria Donnalbina a Napoli.
Ma facendo un passo indietro, appena a sinistra dell’ingresso si trovano le scale che portano all’interessante struttura ipogea dove, oltre ad un affresco trecentesco, trova posto la sepoltura del nobile condottiero francese Gualtiero di Brienne.
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