Un presepe speciale per la nostra vita

Questa mattina a Poggiomarino il Vescovo ha incontrato il clero e la Curia per gli auguri natalizi. «Rischiamo di incensare un bambino di gesso e non accogliere il bambino vero», ha detto mons. Giudice
Un momento dell’incontro tenutosi a Poggiomarino

Un presepe speciale composto da nove nuove statuine. È quello delineato dal vescovo Giuseppe Giudice in occasione dell’incontro natalizio con il clero e la Curia. Ad accogliere il ritiro sono state le nuove sale parrocchiali del complesso dei Santi Sposi di Poggiomarino curato dai Padri Stimmatini.

Il Vescovo si è rivolto ai presenti con paternità e schiettezza, evidenziando il cammino da compiere a partire dal Natale. Mons. Giudice ha detto: «Rischiamo di passare un Natale bello, avendo preparato di tutto, ma dimenticando che il centro è il Signore Gesù. Rischiamo di incensare un bambino di gesso e non accogliere il bambino vero».

Per evitare, quindi, di «vivere una forte religiosità con una fede sbiadita», il Pastore diocesano ha indicato l’allestimento di un presepe speciale «con 9 statuette, una per ogni giorno della novena».

La prima statuetta è quella degli «infelici della vita». «È una categoria molto presente in tutte le situazioni della vita. Si tratta di persone che hanno tutto, ma non sono mai felici. Hanno tutto e non hanno niente perché non hanno mai assaporato il vero gusto della vita», ha detto il Vescovo.

La seconda statuita è quella degli «analfabeti del cuore». «Oggi pare conosciamo tutto sulla sessualità, ma c’è un analfabetismo del cuore. Siamo infantili dal punto di vista affettivo. Spesso, affidati alle mode e qualche volta a violenza e droghe, non riusciamo a scorgere il vero amore. C’è mancanza di attenzione alla affettività, che è molto di più della sessualità. C’è un infantilismo che distrugge famiglie e comunità», ha rimarcato mons. Giudice.

La terza statuina è quella degli «eroi del quotidiano». Il presule ha ricordato la foto opportunity scattata al termine del G20 di Roma. Accanto ai potenti della terra c’erano coloro che ogni giorno aiutano il Paese a combattere la battaglia contro la pandemia. «Gli eroi del quotidiano sono nella scuola, nelle famiglie, nelle parrocchie, ovunque. Fanno senza chiedere mai un grazie. Sono una folla enorme. Le nostre città vanno avanti grazie al loro lavoro, non per l’agitarci di alcuni di noi o il lamentarci di molti di noi. Attenzione a non riconoscerli solo alla fine o dopo. Essi non cercano posti, essi cercano di fare il bene».

La quarta statuina è quella degli «angeli del focolare», le mamme. «Oggi che i focolari non ci sono più, sembrano non esserci neanche le mamme. C’è tutta una cultura che vuole toglierci questa realtà. Lasciamo fare alle mamme, ancora oggi che le donne sono minacciate. Il femminicidio, ricordate, nasce da infantilismo e analfabetismo del cuore».

La quinta statuina è dedicata ai papà, gli «arcangeli della famiglia». «Si è fatto di tutto per uccidere il padre. I papà – ha detto mons. Giuseppe Giudice – devono combattere per la famiglia come l’arcangelo Michele, accompagnare i figli come l’arcangelo Raffaele, essere annunciatori della vita come l’arcangelo Gabriele. Ieri come oggi devono custodire la famiglia».

Un momento dell’incontro a Poggiomarino

Qui il Vescovo ha fatto due incisi. Il primo sull’inclusione e le derive del politicamente corretto: «C’è una cultura che professa di voler essere includente, ma che però esclude noi». E il richiamo alla famiglia, da cui «dovremmo imparare molto di più».

La sesta statuina è dedicata ai nonni, «archivi della memoria». «Gli anziani sono consultabili ogni giorno per ascoltare il racconto della vita. Sono sempre disponibili a correre dietro ai nipotini con affanno, ma con gioia. Una presenza che aiuta a portare avanti le famiglie». Spesso, infatti, si fa riferimento al welfare dei nonni che soccorrono figli e nipoti in difficoltà anche economicamente.  

Un pensiero ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, i «custodi del mistero». Sono loro la settima statuina. «C’è tutto un tentativo per ridurci ad operatori sociali, ma noi ci siamo consacrati per il Signore. Non siamo mestieranti del sacro, ma custodi del mistero, abitati dal mistero, consapevoli delle nostre fragilità. Siamo nel groviglio delle città – ha indicato il vescovo Giuseppe – per annunciare la morte, la resurrezione e la venuta di nostro Signore. Lo facciamo attraverso la liturgia, che deve essere uno splendore. Abbiamo il compito di annunciare che in ogni uomo e in ogni donna c’è qualcosa di più. Siamo dei chiamati, degli amati, dei vocati e dobbiamo fare della nostra vita una provocazione che ha un risvolto anche sociale».

L’ottava statuina è «lo scrigno del futuro», i giovani. «Dobbiamo guardare ai giovani con una prospettiva nuova. Di solito li guardiamo per criticarli o invidiarli. Perdiamo tempo a stabilire chi sono i giovani, dove sono i giovani. Invece, siamo chiamati ad andare nei loro luoghi».

La nona statuina è quella delle «culle della vita». I dati delle ultime rilevazioni demografiche sanciscono un crollo delle nascite ed una Europa, in particolare l’Italia, sempre più anziana. «Tutti a dire che le culle sono vuote, ma c’è una cultura che sgrida i bambini. È vero che non ci sono i servizi, ma oggi sembra esserci una diversa concezione. Ieri i figli erano ricchezze, oggi sembrano povertà».

Il Vescovo si è chiesto: «Chi impedisce ai bambini di andare da Gesù? Chi sta fuori, ma anche chi sta dentro? Molti di noi impediscono ai bambini di andare da Gesù perché lo presentano in maniera infantile. Sappiamo che Dio si è fatto bambino, piccolo. Un bambino ha bisogno di tutto, ma dà tutto».

Un momento dell’incontro tenutosi a Poggiomarino

Un percorso ideale quello proposto dal Vescovo per «saper leggere nella cultura di oggi le attenzioni alla vita». «Non ci capiti in questo Natale di avere la vita tra le mani e non accorgersene», ha ammonito mons. Giudice.

Al termine dell’incontro, il vicario generale mons. Enzo Leopoldo ha rivolto al Vescovo un saluto augurale. Tra le altre cose ha detto, rivolto anche ai suoi confratelli: «Il dramma della pandemia sembra voler portare via anche Dio. Siamo naviganti in un mare dalle molteplici possibilità. Dobbiamo riscoprire il fascino della propria vocazione e non smettere di cercare nuove rotte per il nostro navigare. Guardiamo a Maria che non ha permesso alla paura di prendere il sopravvento».

Domani mattina, invece, il Vescovo riceverà la stampa locale. Un appuntamento che riprende dopo la pausa forzata del Natale 2020.

Salvatore D’Angelo

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