Habemus papam

L’elezione di Giovanni Paolo II del 16 ottobre 1978 resta impressa nella memoria: tra entusiasmo e piccoli imprevisti, nasce una nuova alba di speranza.

16 ottobre 1978: con tutto il gruppo parrocchiale siamo presso la casa delle Suore, dove di solito ci ritrovavamo, per preparare la celebrazione per l’inizio del ministero del nuovo parroco, fissata per il 5 novembre di quell’anno.

Sono i giorni del Conclave; morto Giovanni Paolo I, dopo trentatré giorni di sorriso, si attende il nuovo Papa. Siamo tristi perché l’anziano parroco se ne va dopo 42 anni di ministero presso la nostra comunità, ma il Vescovo ha già designato il successore ed arriverà un giovane parroco.

Qualcuno ripete un vecchio detto: si sa quello che si lascia e non si sa quello che si trova, ma procediamo con fiducia e speranza. Oggi posso affermare con serena coscienza che siamo stati fortunati; io ho avuto due parroci santi, che molto hanno influito sulla mia vocazione.

Mentre stiamo facendo le prove per i canti e i diversi momenti liturgici, il televisore è acceso e si attende la fumata.

Arriva la fumata bianca e il cardinal Pericle Felici, alle ore 18.19, annuncia: Habemus papamCardinale Karolum Wojtyła, qui sibi nomen imposuit Giovanni Paolo II.

Habemus papam e nel frattempo arriva una suora indiana con il vassoio e la merenda preparata per noi. Entrando, piena di entusiasmo e ascoltando il cognome pensa ad un cardinale africano e, allargando le braccia, fa cadere il vassoio con tutto il contenuto.

Habemus papam, ma non habemus più merendam, ripete una voce in un latino maccheronico.

Poi apparve la figura granitica di Giovanni Paolo II e, in un attimo, senza conoscerlo e senza sapere niente di lui, ci accorgemmo di essere dinanzi ad un gigante della fede.

Poi, nonostante l’incidente, ci fu offerta una merenda più abbondante perché era il momento di fare festa. E ci rendemmo conto che per noi e per il nostro mondo stava sorgendo una nuova alba di speranza.

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