Il primo Convegno della Pia Unione Ammalati

L’Opera cresce e i soci aumentano. La necessità di cambiare sede all’Associazione
Lo spartito autografo del Servo di Dio


La preghiera del sofferente. Gesù la tua parola conforti il mio dolore,
solleva il tuo vigore
il fragile mio vel.
Son giorni, mesi ed anni e soffro,
prego al petto, il povero mio letto
si muta in un altar.


Rit. Spaventa il turbine della bufera,
con Te il Calvario salgo in preghiera.

Con la nascita del giornalino Araldi della Croce, l’Associazione diviene ancora più conosciuta e si avverte l’esigenza di una sua organizzazione ben definita. Infatti, si vive un primo passaggio logistico: dalle due piccole stanzette (sacrestia) della Congrega di san Alfonso, presso il collegio dei Padri redentoristi di Pagani, ci si trasferisce in via Ferrovia 10, presso la casa di Alfonso Russo, fondatore dell’Opera, con il suo primo nome: Opera Madonnina della Pia Unione Ammalati.

Il trasferimento è motivato dal fruttuoso impegno di tutti i membri dell’Associazione, i quali – molti di essi, rientrati dal lavoro – senza accusare stanchezza, si recavano in Associazione per offrire il proprio contributo e vivere momenti formativi. Ciò, per quei tempi – siamo negli anni Settanta – comportava qualche difficoltà nel restare presso i Padri. La nuova collocazione non è certamente definitiva, ma, nell’attesa di una sede più stabile, ci si affida allo Spirito Santo, affinché illumini, anche per intercessione della Madonna, e suggerisca nuove opportunità.

Intanto, tale passaggio rende ancora più concreto l’apostolato: si avviano molte iniziative e si organizzano diversi momenti formativi, catechesi ed eventi culturali rivolti ai fratelli e alle sorelle ammalati, ma anche a tutto il personale dell’Associazione e ai diversi gruppi che nascono.

Mentre scrivo, mi arriva – provvidenzialmente – uno scritto di Alfonso che riporta il primo Convegno della Pia Unione Ammalati (P.U.A.), tenutosi il 24 ottobre 1970 a Materdomini, in provincia di Avellino. Leggo lo scritto e ritengo opportuno riportarne alcune righe, così da comprendere meglio il carisma dell’Associazione. Riporto: «Erano presenti i gruppi di Casamassima (BA), Roma, Casalvelino (SA) e Pagani. Relatore era il padre Bernardino Casaburi».

Il Convegno si apre con la presentazione dei presenti e con la lettura di alcune lettere pervenute alla P.U.A. da parte di persone che avevano aderito all’Associazione, ma che, per motivi di salute, non potevano partecipare. Inoltre, leggo: «Il programma della P.U.A. è aggiornatissimo in quanto si muove sulle istituzioni del Concilio Ecumenico Vaticano II. La P.U.A. deve interessarsi non solo dello Spirito, ma anche del corpo, cioè soccorrere i bisognosi ed in particolare pensa ai fanciulli e sacerdoti ammalati».

Richiamando l’umiltà di Gesù e della Madonna, Alfonso scrive: «La virtù della nostra umiltà è il riconoscere la nostra nullità. san Francesco diceva “Signore Dio, Dio mio, e tu sei il mio tutto” – questa è vera umiltà. E detta umiltà deve essere a fondamento della P.U.A.».

Volendo fornire ulteriori indicazioni per un’adesione piena, Alfonso scrive: «Se non ci sarà la carità nella P.U.A., anche con l’umiltà non si farebbe niente. Gesù ci ha detto di amare Lui con tutto il cuore, ma anche di amare il prossimo come sé stesso. Noi della P.U.A. dobbiamo vivere l’amore di Dio che è nelle note per ogni cristiano; noi, a questo amore per Dio, dobbiamo aggiungere l’amore per il prossimo, altrimenti il primo sarebbe nullo… […] Quindi, nella nostra Associazione, occorre sia carità che umiltà, e dobbiamo guardare sia alla sofferenza interiore che a quella esteriore. Solo in questo modo potremo dare il lancio alla P.U.A.».

Soffermandosi sulla necessità di testimoniare il Vangelo nella vita, e in modo particolare nella sofferenza, egli scrive: «La sofferenza non deve essere vista come castigo, ma come Vocazione; cioè Dio che ci chiama a questa sofferenza. Ma questa sofferenza deve essere vista come Missione da esplicare nella P.U.A., perché il nostro è anche un programma missionario… […], questo vuole essere una testimonianza del Vangelo nel mondo e del Cristo contemporaneo».

Volendo infine offrire a tutti una sintesi della giornata vissuta tra considerazioni, confronti e preghiera, afferma: «Bisogna amare la P.U.A. come si ama la propria famiglia, quindi apprezzarla, studiarla e diffonderla. Sostenere la P.U.A., pertanto, non significa solo amarla, ma richiede anche un certo sacrificio per aiutare l’Opera. Ci deve essere illimitata fiducia nell’aiuto della Divina Provvidenza, anche nei momenti più acuti. La P.U.A. ha bisogno di sani e ammalati».

Appunti, questi, che oggi potremmo definire un documento programmatico eccezionale. È vero: quando lo Spirito ispira, tutto ciò che è umano diventa relativo; solo la Grazia rigenera e dà vita.

Avevo concluso, ma mi è pervenuto tra le mani questo testo musicato, La Preghiera del Sofferente, scritto dal padre Rossignoli, redentorista, il 12 ottobre 1970 per il 1° Convegno P.U.A. del 24 ottobre 1970. Credo che anch’esso sia di immenso spessore per formare il sofferente alla fede, e ancora una volta tocchiamo con mano quanto Alfonso Russo abbia coinvolto i padri Redentoristi in quest’Opera della Madonna. Spero quanto prima di poter approfondire lo Statuto dell’Associazione, che certamente porterà ancora più luce sull’Apostolato della sofferenza che la P.U.A.C.S. ha portato e desidera ancora portare nella Chiesa.

don Gaetano Ferraioli, direttore Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza

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