La tomba di papa Francesco a Santa Maria Maggiore è ogni giorno meta di fedeli e pellegrini che si recano a pregare per il compianto Pontefice, in occasione del Giubileo 2025 in corso, approfittando anche del fatto che Santa Maria Maggiore è una della quattro basiliche papali e si può varcare la Porta Santa.
Il ricordo di papa Bergoglio è vivo nel cuore di tutti noi e tanti sono i fedeli anche dell’agro nocerino-sarnese che custodiscono un ricordo privato e profondo di Francesco.
Giuseppe Lagarese Montuori è la persona che nella nostra terra è stata forse quella più vicina a papa Francesco. Tra di loro c’era un rapporto di profonda amicizia che scaturiva dalle comuni esperienze giovanili in Argentina. Un legame lungo 58 anni. «Ci siamo conosciuti a Buenos Aires nel 1955. Siamo stati giovani insieme», racconta. Le strade si dividono con il rientro in Italia di Giuseppe, che ritorna a Lavorate di Sarno. Un rapporto che non si interrompe e ritrova vigore il 13 marzo del 2013, con l’elezione a «vescovo di Roma» dell’amico di gioventù Jorge Mario Bergoglio.
«Fu una emozione grandissima. Gli scrissi subito. Lui mi telefonò e mi invitò a Santa Marta. Io sarei andato a Caserta, quando venne in visita pastorale. Mi rispose: “Sei cardiopatico, resta a casa, è faticoso”. E mi invitò ad andare in Vaticano il primo di agosto del 2014». Da allora non sono mancati gli incontri. Francesco ha celebrato il matrimonio della figlia di Giuseppe, Noelia, con il marito Emiddio Damato, il 15 settembre 2017 nella cappella della Domus Santa Marta. E sono abbondate le telefonate: «Puntuale la chiamata il giorno del mio compleanno, il 9 febbraio». Quest’anno però il telefono non ha squillato. Il Santo Padre già non stava bene e il 14 febbraio si sarebbe ricoverato al policlinico “Gemelli”. «Quando non l’ho sentito, conoscendo la sua precisione, mi è dispiaciuto, ma certamente non credevo che la situazione sarebbe precipitata così velocemente».
Era nell’animo di Giuseppe c’è una grande mancanza: «Al di là che è stato il nostro papa, a me manca anche come amico. Ho perso un punto di riferimento. Era una persona semplice, molto accogliente, l’uomo della pace che ha sofferto fino all’ultimo per la pace. Mi auguro che la sua testimonianza non finisca nel dimenticatoio, e che tutti noi, tutta la Chiesa, possa continuare a seguire i suoi insegnamenti».
Antonio Marra ha incontrato il Pontefice il 5 aprile 2017, durante l’udienza concessa ai membri dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali. Durante l’incontro, il Papa ha sottolineato l’importanza del loro ruolo nella società, evidenziando come il lavoro agricolo non sia solo una professione, ma una vocazione e una missione. Ha esortato gli agronomi e i forestali a vivere la loro professione con i valori che egli stesso ha promosso, in particolare quelli espressi nell’enciclica Laudato si’.
«Sembra ieri e sono passati otto anni. È stato un incontro molto significativo per discutere temi importanti come l’agricoltura sostenibile e la cura dell’ambiente. L’enciclica ha avuto un impatto significativo sulla discussione globale intorno a questi temi. Gli agronomi potrebbero trovare interessante il messaggio del Papa sulla necessità di adottare pratiche agricole sostenibili e rispettose dell’ambiente, nonché sulla importanza di proteggere la biodiversità e di promuovere la giustizia sociale nelle comunità rurali. Spero che mi continui a ispirare e a motivare nel mio lavoro o nelle mie passioni».
Don Vincenzo Spinelli ha incontrato il Papa più volte, ma due incontri gli restano impressi in modo indelebile nella mente e nel cuore. Il primo è legato agli anni del seminario: la celebrazione Eucaristica in piazza Plebiscito, durante la visita pastorale a Napoli. «Ebbi la grazia di servire all’altare. Lo sguardo profondo di quegli occhi che mi fissarono durante il lavabo, dopo la presentazione delle offerte del pane e del vino per l’Eucarestia, mi fecero capire che il Santo Padre voleva incontrare la persona e non la folla, la singola creatura e non un numero. Quello sguardo del padre amorevole era lo sguardo di Gesù che confermava la mia vocazione». Il secondo incontro indelebile è legato al tempo del diaconato: «Era il Mercoledì delle Ceneri, ho prestato il mio servizio diaconale per la celebrazione dell’inizio della Quaresima. Prima della Messa papa Francesco si ferma a parlare con me e anche in questa occasione le parole di fiducia e di incoraggiamento le porterò sempre impresse nel cuore».
Milena Oliva ricorda il giorno in cui partecipò all’udienza per il centenario delle Edizioni San Paolo, il 27 novembre del 2014. Quell’incontro era aperto a tutti gli abbonati di Famiglia Cristiana. «Eravamo partiti in tanti da San Marzano sul Sarno, molti della Congrega. Con me c’era mio nipote Eduardo Garofalo, fu sorprendente l’abbraccio con il Papa». Un incontro legato ad un simpatico aneddoto: «Eduardo stava scavalcando la transenna per baciare la mano del Santo Padre e lui si fermò perché pensava stesse cadendo. Gli disse: “Ti aiuto io!”. Poi lo abbracciò a lungo. Un incontro di santità e pace per tutti noi».
Amelia Licenziato è di Poggiomarino, è partita di notte con altri due amici per essere a San Pietro, mai avrebbe immaginato di essere tra i primi cinquanta a poter entrare in Basilica per omaggiare il Santo Padre.
Lei è tra le decane del gruppo di preghiera “Con la voce di Maria” nato il 27 marzo 2020, quando Francesco affidò l’umanità segnata dal Covid-19 durante la preghiera in una piazza San Pietro vuota ed intrisa di pioggia. Da allora Amelia e tanti altri si ritrovano a recitare giornalmente il Rosario. «È stata una grazia poter accedere in Basilica per pregare davanti alla sua salma. Abbiamo pregato e continueremo a pregare per lui. Lui ci ha chiesto di pregare e non perdere la speranza, continueremo a farlo», le parole di Amelia.
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