Il fragore delle esplosioni e le urla delle vittime continuano a risuonare da Gaza all’ Ucraina e da altri Paesi dove le guerre divampano. Superano confini, barriere e muri come lo sgomento cresce con la domanda indignata a chi potrebbe fermare le stragi ma non le ferma. A questi fragori e a queste urla si unisce il grido della terra sempre più indifesa, abbandonata, ferita.
Tragedie diverse ma connesse, tragedie che non sono tra loro distanti o indifferenti.
Nella casa comune scossa fin dalle fondamenta l’eredità di papa Francesco si ripropone con l’enciclica “Laudato si’” del 2015 e con l’esortazione apostolica “Laudate Deum” scritta nel 2023 perché “mi rendo conto che non reagiamo abbastanza” allo sgretolamento del mondo. Sono trascorsi dieci e due anni, la voce di Francesco accolta da cattolici, fedeli di altre religioni e non credenti, si leva anche oggi.
Ci sono due parole nei due testi che suonano come appello e monito: dialogo e conversione. Il binomio può cambiare la direzione di una storia triste?
La risposta nella Laudato si’ (n.111) è che accanto a risposte a livello operativo “Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma a una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico”.
C’è una visione d’insieme da maturare e condividere per giungere a risposte efficaci alle catastrofi ambientali provocati dall’uomo, ai negazionismi, ai deliri di onnipotenza.
La crisi climatica si salda alle molteplici crisi che affliggono l’umanità a partire dalle guerre e dalle migrazioni forzate. C’è il filo del male che le unisce e che ha la sua origine in un cuore malato: non è facile parlare di conversione.
Anna Rowlands docente all’Università di Durham (Gran Bretagna), in una nota su Aggiornamenti Sociali di maggio che ospita su questi temi, diverse commenti suggerisce la via della “contemplazione” per avere uno sguardo diverso da quello consumistico. Uno sguardo che porta a “pensare quello che stiamo facendo” ed “essere disposti a interrompere cicli iperattivi della vita”.
È un andare controcorrente rispetto a un pragmatismo indicato e accolto come strada maestra verso il successo e la prosperità di pochi.
Come reagire a questa deriva che vede coinvolta anche una politica trasformata in affare, in caccia al voto, in ricerca di un potere senza regole?
Ripreso in Aggiornamenti Sociali, Gianni Rodari a modo suo, cioè con una filastrocca, risponde: “Se io avessi una botteguccia fatta di una sola stanza vorrei mettermi a vendere sai cosa? La speranza. ‘Speranza a buon mercato!’. Per un soldo ne darei ad un solo cliente quanto basta per sei. E alla povera gente che non ha da campare darei tutta la mia speranza senza fargliela pagare.”
La poesia sembra fuori dalla realtà e dalla complessità mentre abita entrambe lasciando intravvedere quella luce che a distanza di dieci anni si ritrova nelle parole di un Papa sulla cura della casa comune.
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