«La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza: non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori». È Erri De Luca ne Il giorno prima della felicità. La scuola descritta è quella che, dal secondo dopoguerra, attraverserà i tumultuosi anni 60 e 70: quella dell’attivismo pedagogico e della contestazione studentesca.
Poi, negli anni 80 si è modificato l’assetto della società civile e, con esso, anche la fisionomia e la funzione della scuola. Secondo l’Istat risulta che l’incidenza della povertà è strettamente legata al livello di istruzione. Dal 2022 ad oggi, per esempio, le famiglie in cui il capofamiglia è in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore vedono peggiorata la loro situazione economica. Ancora più vulnerabili i nuclei familiari in cui il titolo di studio posseduto è la licenza media.
La scuola di ieri, in applicazione dell’articolo 3 della Costituzione italiana, poneva tutti nelle condizioni di superare l’ignoranza per costruire il proprio progetto. La scuola di oggi subisce molte interferenze e l’abbandono scolastico che si registra, nonostante l’obbligatorietà, si ripercuote in modo drastico sul futuro dei singoli individui e su quello della collettività. Un adulto senza istruzione non può aspirare ad una realizzazione che si discosti dalla sussistenza economica. I dati Istat fanno pensare. La scuola di oggi non permette più tra le sue mura il pari.
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