L’apostolo della sofferenza: «Siamo servi inutili»

Primo appuntamento con la rubrica L’apostolo della sofferenza, affidata a don Gaetano Ferraioli, che ha lo scopo di approfondire la vita e l’opera del Servo di Dio Alfonso Russo (1943 – 2013), fondatore della Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza
Alfonso Russo

Nel mio cammino di ricerca sulla vita e sull’opera di Alfonso Russo, un’espressione è affiorata nella mia mente: tempus fugit! Riflettendo sulla veridicità di questa affermazione, mi rendo conto che, sebbene il tempo passi velocemente, chi ama rimane per sempre.

L’azione e l’impegno di Alfonso sono immensi. Sempre più mi accorgo che egli è stato un grande “ascoltatore”, un attento “osservatore” delle necessità del suo tempo, un “energico diffusore” attraverso la parola e l’azione di quanto veniva ispirato e appreso nel suo cammino umano, culturale, sociale e cristiano. Il suo unico, fermo proposito era l’azione: vivere con un profondo desiderio di essere un apostolo nel mondo della sofferenza, senza compromessi, senza se e senza ma, dando incondizionatamente, con generosità, a piene mani.

Conobbi Alfonso nel 1978, quando mi coinvolse nella realizzazione del presepe vivente. Pur conoscendolo già, avendo condiviso con lui tutta una vita, oggi, nella mia ricerca, scopro che ero accanto a una persona «intrepida» nell’apostolato che svolgeva. Leggendo oggi appunti sparsi e notizie certe, sono sempre più convinto che fosse una persona straordinaria.

Ho vissuto nella Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza un percorso che ha attraversato le tappe di ragazzo, giovane seminarista – grazie alla vocazione sacerdotale che egli ha scorto in me, animato e curato – e, infine, da sacerdote, al servizio della Chiesa e dell’Opera. Oggi, non per mio merito, ma per sua scelta, ho una grande responsabilità: insieme ai confratelli sacerdoti dell’Opera e al personale dei fratelli e sorelle degli ammalati, siamo chiamati a traghettare l’opera al largo. Non è facile, ma nei momenti di difficoltà, ricordo sempre le parole di Alfonso: «Tranquillo, l’opera è della Madonna; remare contro o accanirsi significa frenare l’opera della Madonna».

Oggi, rileggendo tutto questo, vedo sempre più chiaramente l’azione di Dio che, attraverso l’umile e semplice persona di Alfonso, si è rivelato per servire i poveri, i bisognosi, gli ammalati attraverso il suo operare nascosto e laborioso. Spesso ci ricordava le parole di Gesù: «Siamo servi inutili» (Lc 17,10), o, riprendendo la spiritualità alfonsiana e carmelitana, citava santa Teresina del Bambino Gesù ripetendo: «Sono una pallina nelle mani di Gesù». Ancora, nei momenti di difficoltà, mostrava la sua semplicità e umiltà affermando: «Sono un bastone con una scopa; una volta usato, viene riposto dietro la porta».

Forse la familiarità quotidiana con lui non ci permetteva di cogliere la sua enorme poliedricità; tutto ciò che faceva, le sue scelte e il suo modo di agire, apparivano ordinari. Ma oggi diventa chiaro che il Signore agisce non solo nello straordinario, ma soprattutto ed energicamente nell’ordinario dei giorni e della vita. Così è stato per Alfonso. Un sì a Cristo, per sempre, come la Vergine Maria, umile ancella del Signore. Un sì che ha segnato un cammino arduo e difficile, percorso con l’entusiasmo della sua gioventù e alimentato dal desiderio di far crescere il corpo di Cristo, la Chiesa, visibile in tutti i suoi figli, in particolar modo negli ammalati e nei sofferenti.

Don Gaetano Ferraioli, direttore Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza

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