Insieme per camminare è l’invito che la nostra Chiesa rivolge alla nostra Chiesa. Non è un’involontaria ripetizione o un refuso. È la volontà di rimarcare una sinodalità che passa sì dall’instrumentum laboris e dal liber sinodalis, ma soprattutto deve essere applicata con convinzione da tutti, senza esclusioni.
Non il capriccio delle gerarchie o la fantasia di qualche progressista di passaggio. La Chiesa ci chiede di compiere il percorso iniziato nel 2021; chiamati a camminare tutti insieme – clero, religiosi, laici – in quanto battezzati, come popolo di Dio.
Il cambiamento, se è necessario, se deve essere tale e soprattutto se deve apportare benefici, cammina sulle gambe di tutti, batte nel cuore di tutti, pensa e opera con la testa di tutti.
Gli sfiduciati sono probabilmente coloro che non ci credono più, o che non ci credono fino in fondo. Ne avranno viste tante e per questo non si entusiasmano. Avranno pure ragione. Ma essere prudenti è diverso dall’essere pessimisti o catastrofisti.
L’orizzonte ci è stato ricordato ancora una volta lo scorso 30 ottobre, quando la comunità diocesana ha vissuto un momento di sinodalità in cammino verso la Porta Santa.
Infatti, l’ultimo atto del Cammino sinodale nazionale, concluso il Sinodo dei Vescovi sulla Sinodalità, combacerà con il Giubileo della Speranza. Mai tema è stato tanto attuale.
C’è bisogno di speranza: nella Chiesa, nella società, nell’umanità, nei singoli individui. Lo sconforto e la sfiducia non devono cedere il passo allo scoraggiamento.
«La speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
«Dobbiamo recuperare la speranza verso il paradiso», ha sollecitato il vescovo monsignor Giuseppe Giudice.
Probabilmente, come cristiani e come comunità cristiana, è questo il punto di svolta affinché il nostro possa essere un sì convinto a stare insieme per camminare. Ci saranno tante occasioni per farlo.
Il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia prosegue con l’assemblea nazionale di novembre, la condivisione nelle diocesi entro febbraio, la seconda assemblea di aprile e poi i documenti finali.
Altrettante, e in continuo aggiornamento, le iniziative del cammino diocesano che ci chiederanno di lavorare insieme: la celebrazione del 29 dicembre in Cattedrale; il pellegrinaggio a Pompei, il 3 maggio; quello a Roma, per attraversare la Porta Santa, il 4 giugno; il presepe in San Pietro per il Natale 2025.
Momenti per continuare a conoscersi e sperimentarsi, per approfondire rapporti, per crescere come comunità di fedeli.
Obiettivo che potremmo raggiungere grazie ai segni di speranza che papa Francesco sollecita nella bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit: impegno per la pace; trasmissione della vita; attenzione ai detenuti, agli ammalati, ai migranti; vicinanza agli anziani; stare accanto ai giovani e ai poveri. Altro che teoria, qui c’è solo da «sporcarsi le mani per servire Dio».
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