La Sacra Scrittura è Parola di Dio, ce lo insegnano sin da bambini. Una delle parole più belle pronunciate da Dio è Adam: fragilità del suolo animata dal respiro di Dio.
La Parola di Dio non è monologo ma dialogo, relazione. Perciò la Sacra Scrittura non disdegna di contenere parole come: paura, nudità, inganno, inimicizia, dolore, dominio; risposta dell’uomo alla proposta di Dio di vivere in relazione con la Sua vita nell’abbondanza condivisa.
Abbiamo scelto la conoscenza invece della vita e, da allora, tutto ciò che non comprendiamo, che non capiamo, il diverso, ciò che non ci aspettiamo è una minaccia, un sospetto, una perdita di controllo. La comunione è diventata proprietà privata, l’amore possesso, la relazione una forma di potere.
Ci ha provato Dio, ci ha provato in tutti i modi, a ridarci nuove possibilità, ricoprendo la nostra nudità, ponendo un segno di misericordia sulla fronte del primo carnefice, ripulendo la terra da ogni forma di violenza col diluvio.
Pazienza infinita di un Dio che ama e soffre per le vittime, ma ha pietà e compassione anche per i carnefici, che pagano lo scotto di un immeritato amore che tante volte brucia più di una meritata giustizia.
Le matriarche bibliche
Il pregiudizio che la donna sia fragile o comunque non tenuta in conto nella storia della salvezza è completamente scardinato dalla vicenda delle matriarche, mogli dei più famosi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Donne rispettate, onorate, forti, capaci di riorganizzare le scelte dei mariti, di orientare i passi dei propri figli.
Non possiamo non ricordare la regina Ester che, con la sua bellezza, rettitudine, penitenza e preghiera, da sola è stata capace di salvare il suo popolo dalla persecuzione; Giuditta che salvò il suo popolo tagliando la testa a Oloferne; Debora, donna giudice capace di discernimento e preposta a dare consigli ai potenti di Israele. Solo alcuni esempi.
La prima violenza
Tuttavia, la prima donna a subire violenza nella storia sacra fu Dina, figlia di Giacobbe (Gen 34). Da quell’evento scaturì sangue su sangue che non fu riparativo, perché violenza genera violenza.
Chi spezzerà questa catena di male? Possiamo davvero accontentarci di ricordare la violenza subita senza trasformare il dolore in speranza? Ci aiuta l’ostensione di scarpe e panchine rosse? Certo, rende vivo il nostro no a ogni forma di violenza, abuso, dominio, ingiustizia, ma ci può bastare?
Elina Chauvet
Rosso, il colore del sangue, è il colore esibito in questa giornata di memoria da Elina Chauvet.
Nel 2009, l’architetto messicano creò l’opera Zapatos Rojos: scarpe rosse allineate in piazza a Ciudad Juarez, ispirata all’omicidio della sorella e alle violenze subite da centinaia di donne in quella città di confine. Da allora rimane il simbolo di questa giornata.
Raab
Eppure, probabilmente “traviata” dal mio amore per la storia della salvezza narrata nella Sacra Scrittura, questo colore rosso mi fa venire in mente un’altra donna: Raab la prostituta.
Con la forza e il coraggio di una donna che sfida la vita con le proprie scelte e il proprio essere, Raab nascose in casa propria due spie del popolo ebraico.
Costoro avevano il compito di studiare i popoli già presenti nella Terra Promessa, faticosamente raggiunta dopo gli anni nel deserto a seguito della liberazione dall’Egitto. In cambio di questo aiuto Raab chiese salva la vita sua e della sua famiglia.
Come segno, quegli uomini le chiesero di legare un filo scarlatto alla finestra di casa promettendole che tutti coloro che sarebbero stati in quella casa sarebbero stati salvi. E così fu.
Ecco, mi sembra bello ricordare che un segno, un simbolo, seppur di denuncia, se non genera salvezza, misericordia, difesa, rimane solo un totem che riporta al passato e non rilancia al futuro.
Come rendere più significativa questa giornata?
Ripropongo la domanda: come rendere più significativa una giornata come questa? Come passare da una “semplice” memoria a un memoriale?
Penso ce lo proponga la vicenda storica di Gesù di Nazareth, che ci insegna a rendere efficace un ricordo, una memoria. Gesù è figlio di una donna salvata dalla violenza assicurata, la legge prevedeva la lapidazione per una gravidanza extraconiugale.
Invece di rimanere “semplicemente grato” a Giuseppe per aver usato misericordia, ha attuato misericordia all’adultera colta in flagranza di adulterio, alla donna peccatrice che ha lavato i suoi piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli, alla Maddalena liberandola dai demoni che la imprigionavano, all’emorroissa resa impura da una malattia che la costringeva all’isolamento.
Controcorrente questo Gesù che non si accontenta di fare memoria, ma prende su di sé tutta la violenza facendo del suo sangue, rosso, il memoriale della misericordia, il riscatto di ogni violenza.
Suor Vittoria Lucia Belardo
Suora Francescana Alcantarina
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