«Negli anni ho imparato che ogni sì definitivo al Signore richiede di essere approfondito». A parlare è Caterina Paladino, nata a Matera il 29 aprile del 1961, consacrata nella Piccola Famiglia della Fraternità di Emmaus che dal 2008 vive in Burkina Faso, Paese dell’Africa occidentale.
«Il Signore mi ha chiamato a Picciano, a Matera, poi ho continuato la mia esperienza a Sant’Agata su due Golfi, oggi vivo in Burkina Faso. Vi è una gradualità che il Signore usa, probabilmente se mi avesse chiesto fin dagli inizi di andare in Africa avrei detto: non ora».
La sua presenza stabile nel Paese degli uomini integri – questo è il significato del nome Burkina Faso – ha consentito di dare impulso e slancio all’impegno missionario del Movimento.
Caterina definisce il suo cammino di fede e di consacrazione come un percorso abbastanza lineare. Dopo aver ricevuto la Prima Comunione aveva smesso di frequentare la parrocchia. A 17 anni, frequenta il secondo anno dell’Istituto Magistrale, una ragazza che viveva un cammino di consacrazione religiosa la invita a partecipare a degli incontri presso il santuario Santa Maria di Picciano.
«Vi era già una comunità maschile benedettina, si stava formando quella femminile» ricorda. Si riavvicina così alla Chiesa. E lei che non ha sorelle – ha sei fratelli maschi – vive per la prima volta una profonda esperienza di amicizia e condivisione.
Accompagnata da un padre spirituale, dopo due anni di cammino, comincia a porsi le prime domande sulla sua vocazione. A 18 anni chiede di vivere un’esperienza nel santuario e vi resta per tre anni e mezzo.
Domanda poi di continuare ad approfondire la sua formazione spirituale nel monastero benedettino San Paolo, a Sant’Agata sui due Golfi. Nella parte più alta della collina dove sorge la struttura, è possibile catturare con un unico colpo d’occhio la bellezza dei Golfi di Napoli e di Salerno.
«A Sant’Agata ho imparato la bellezza della contemplazione» dice. Quando qualche anno dopo la sua esperienza si conclude e Caterina lascia il monastero, grazie all’amicizia nata proprio tra quelle mura con don Silvio Longobardi, i suoi passi incrociano quelli della Fraternità di Emmaus.
L’impegno missionario
Le chiedo di raccontarmi in che modo la sua vita di consacrata ha intercettato quella missionaria. Mi spiega che per lei l’impegno missionario ha sempre avuto i contorni dell’annuncio del Vangelo: «Quando incontri il Signore non puoi più stare con le mani in mano» dice.
Lo scenario cambia quando al termine di una particolare esperienza di silenzio e ascolto della Parola, don Silvio le chiede la disponibilità ad andare in Africa dove il Movimento aveva cominciato a realizzare alcuni progetti di cooperazione internazionale.
«Nella mia formazione benedettina l’obbedienza è un elemento fondamentale, così ho detto di sì» ricorda.
Il primo contatto con il Burkina Faso
Parte per la prima volta per il Burkina Faso insieme al sacerdote. Era il 2005. Quel viaggio è stata una sorta di prova generale per “saggiare” la resistenza del corpo e per fare i conti con l’impatto emotivo di toccare con mano una povertà tanto devastante.
«Al rientro non ho avuto particolari problemi fisici, ma ero molto provata nello spirito» aggiunge.
Il Movimento, attraverso il suo braccio operativo Progetto Famiglia Cooperazione, aveva costruito una casa nella città di Koupéla, a circa 150 km dalla capitale Ouagadougou, inaugurata agli inizi del 2007, e aveva cominciato a realizzare alcune opere per dare sostegno alla popolazione ferita da una estrema povertà.
In Burkina Faso, come in tanti altri Paesi poveri, mancano acqua, cibo, istruzione. Per questo motivo, uno dei primi impegni fu la costruzione di pozzi.
«Ma per il nostro carisma era impensabile limitarci alla raccolta e all’invio di fondi, avevamo nel cuore il desiderio di conoscere e condividere le gioie e gli affanni di questi nostri fratelli».
Il trasferimento
Così i viaggi di Caterina aumentano fino a quando, nell’ottobre del 2008, si trasferisce stabilmente nell’Oasi Santa Teresa.
«La presenza in quella terra ci ha permesso di avvicinare i giovani e capire meglio le loro esigenze» racconta. Nasce così il Centro Giovanni Paolo II, una struttura di 5mila mq dotata di una serie di servizi per aiutare i giovani a studiare: luci, una paillotte (capanna di paglia, nda), lavagne e una sala multimediale. Man mano si sono aggiunti altri tasselli. «Sono stati gli incontri a indicare in cosa impegnarsi – aggiunge -. Un giorno, mentre il Centro era in costruzione, bussa alla porta un ragazzo. Mi dice: Suora, sono due giorni che non mangio».
Nasce così la mensa con cucina per gli studenti più bisognosi, dedicata a madre Teresa di Calcutta. Anche la casa per studentesse nasce dall’incontro con una ragazza che le chiede di poter dormire nella cucina.
«Doveva sostenere l’esame di terza liceo e tornava troppo tardi al suo villaggio. In Burkina le studentesse non possono fittare una casa, devono vivere con qualcuno o avere un tutore».
Dopo di lei sono arrivate Elodie e Clarisse, due giovani ragazze di quel Paese che hanno accolto l’invito alla consacrazione verginale.
«Poi si è aggiunto l’asilo Maison De Rose, grazie alla donazione della signora Rosa Ciancio di Roccapiemonte, che accoglie i bambini dai due anni ai cinque anni e mezzo. Oggi è il secondo miglior asilo di Koupéla».
Attualmente la Fraternità è presente con le sue comunità di giovani e sposi nelle diocesi di Koupéla e Ouagadougou. La testimonianza delle prime sorelle consacrate ha portato frutto ed oggi, attorno a suor Caterina, vi sono altre 11 ragazze, 4 consacrate e le altre nelle varie fasi del cammino formativo. È nata anche una comunità maschile, affidata a padre Jan, un sacerdote polacco membro del Movimento.
La preghiera di lode e ringraziamento
Caterina ha condiviso per diversi anni la sua esperienza missionaria con la mamma. «Nel 2007 è mancato mio padre Raffaele, mia madre era emotivamente provata, così è venuta a stare con me per tre settimane».
Per dieci anni, fino alla morte avvenuta nel 2017, la signora Paola Lucia ha vissuto sei mesi a Matera e sei mesi a Koupéla insieme alla figlia: «Qui ha riscoperto la gioia di stare con i giovani, era la nonna di tutti. Non conosceva il francese ma è riuscita a stabilire rapporti speciali con questi ragazzi, attraverso la lingua universale dell’amore. La sua presenza mi ha aiutato ad avviare molte cose in casa».
Domando a Caterina quanto l’esperienza in Burkina Faso ha cambiato la sua vita.
«Il tempo passato qui e le esperienze vissute hanno modellato il mio carattere e impresso un tratto diverso alla mia spiritualità – dice –. Sono una persona passionale ed energica, a tratti impulsiva. Ho dovuto limare molto questi aspetti del mio carattere, qui c’è un altro stile di vita, un’altra cultura. Agitarsi non serve. Da un punto di vista spirituale, mentre in monastero a Sant’Agata sui due Golfi avevo imparato la contemplazione, qui ho fatto esperienza della preghiera di lode e ringraziamento. Tutto è grazia. È una frase che ho sentito sulla bocca di tutti, anche di fronte a un lutto, perché il Signore fa bene tutte le cose».
Prima di salutarci le chiedo se ha ancora un sogno nel cassetto. «Per fortuna i sogni sono tanti» risponde. Ma ce ne è uno che porta nel cuore più di altri: realizzare un orfanotrofio per accogliere ibambini che non conoscono il padre o rifiutati da entrambe le famiglie.
«Mi piacerebbe offrire loro una vita meno difficile». Spostandoci dai desideri al luogo dove immagina il futuro, Caterina che attualmente vive a Saaba – dove il Movimento sta realizzando una serie di opere a favore di bambini, giovani e famiglie –, risponde: «dove vuole il Signore. Ma desidero essere seppellita nel posto in cui morirò».
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