La Chiesa e la famiglia, il confessionale e mammà. Sono i termini più ricorrenti nella chiacchierata con don Aniello Mario Carillo, classe 1938, da sessant’anni sacerdote nella vigna del Signore. Lo scorso 11 luglio ha festeggiato il giubileo di diamante.
Una vita per la Chiesa affidata all’intercessione della Beata Vergine del Santo Rosario, a cui lo lega un amore fortissimo. Don Mario è presenza fissa al santuario di Pompei dove celebra la Messa e soprattutto si dedica alla Confessione: «A me serve la Confessione per sentirmi veramente prete, per dare una mano a chi ha difficoltà a recarsi in parrocchia».
Nella sua vita c’è la Concattedrale di Sarno, è nato all’ombra del campanile di San Michele Arcangelo. Vicinanza che gli ha consentito di conoscere e collaborare con sette vescovi, prima di Sarno e poi di Nocera Inferiore-Sarno: da mons. Pasquale Dell’Isola a mons. Giuseppe Giudice.
A dieci anni il suo cammino incrocia quello di alcuni missionari arrivati in parrocchia per la predicazione. Era un pargolo «indisciplinato», ammette, ma ha sempre avuto una famiglia molto religiosa: «Mammà, la nonna, zietta, le ricordo sempre con una corona in mano a pregare il Santo Rosario».
Ingresso in seminario
Entrò in seminario a San Pietro di Cava. Poi il regionale a Salerno. Nel ripercorrere i ricordi che serba nel cuore spesso si emoziona. Esperienze di vario genere, davanti alle quali non si è mai tirato indietro.
Sempre in prima linea: «La mia forza e il mio sostegno è stata sempre la famiglia unita». Un carattere forte, che ha temprato nel tempo. Sicuramente importante è stata l’esperienza di cappellano al carcere mandamentale di Sarno, che ha svolto fino alla chiusura della struttura. Un’attività che gli ha consentito di conoscere molto da vicino il bene e il male.
Da giovane prete è stato diversi mesi negli Stati Uniti, dove ha dei familiari. Tra gli incarichi pastorali, c’è prima di tutto quello di viceparroco a San Marzano sul Sarno, a cui segue quello di mansionario della Concattedrale. Nel 1972 è parroco a Sarno, prima a San Matteo e poi parroco a San Sebastiano, dove resta per 44 anni fino al pensionamento nel 2015.
Il Sacramento della Riconciliazione
Per don Mario il confessionale è la missione principale: «Non ho paura di accogliere tutti. Seguo le indicazioni di papa Francesco: “Non fare né liste della spesa, né processi”. Alcuni si aprono a tal punto che confessano peccati di fanciullezza». Afferma con sicurezza: «Il confessionale è come un pronto soccorso. Quando si deve correre in ospedale non ci sono orari, lo stesso vale per il sacramento della Misericordia».
È con questo ministero del perdono che rende grazie a Dio per la vita e il lungo servizio sacerdotale. Nonostante l’età segue da vicino anche il mondo giovanile, a cui riserva parole di speranza: «I nostri ragazzi non sono cattivi, è che ci sono troppe negatività nel mondo. Noi dobbiamo essere impegnati a propagare il bene».
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