Ho scoperto la verità dell’amore

Mariangela Parisi ha scelto di consacrarsi a Dio attraverso l’Ordo virginum. A 27 anni accoglie l’invito a frequentare la parrocchia e non l’ha più lasciata. Un incontro con il Divino maturato alla luce dell’Azione Cattolica e nel segno della comunicazione.
Ordo Virginum
Mariangela Parisi, al centro, è accompagnata all’altare dalle madrine Domenica De Cicco, a sinistra, e Concetta Buonaguro, a destra – foto Rosario Spanò

«La scelta di consacrarmi è la risposta ad un desiderio di verità e libertà. Il mio cammino di fede mi ha fatto scoprire che l’amore o è amore o non è. Ho scoperto la verità dell’amore».Mariangela Parisi è una laica consacrata all’Ordo virginum. Ha 45 anni, è originaria di Nola, è una giornalista e dirige l’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Nola.

Ha pronunciato il suo eccomi lo scorso 10 dicembre, nella Cattedrale nolana, nelle mani del vescovo Francesco Marino. Un sì detto dopo aver approfondito la relazione con Dio: «Ho capito che indossando l’abito di consacrata potevo crescere nella verità su me stessa, sul mio sacerdozio battesimale, sul mio essere discepola del Signore. Il percorso di ogni battezzato è un continuo cammino verso Cristo, un tendere all’essere una sola cosa con lui, nel matrimonio o da consacrati. La scelta sul modello di abito bianco da indossare è una scelta di libertà, altrimenti non si può dire sì».

Perché ha scelto l’Ordo virginum?

«La mia decisione è legata sia alla possibilità di vivere la consacrazione come laica, sia al legame particolare che l’Ordo ha con il ministero episcopale. La crescita del mio cammino di fede è legata alla crescita del mio amore per la Chiesa attraverso l’approfondimento della sua natura teandrica (divina-umana, ndr) e del valore sacramentale che essa ha in relazione al ministero episcopale».

Un momento della celebrazione – foto Rosario Spanò

Una vocazione maturata durante la pandemia. Il lockdown non è stato vano?

«Da tempo portavo avanti il discernimento sulla scelta della consacrazione laicale. Mi ero data un tempo massimo di attesa: la fine del 2020. A dicembre di quell’anno mi chiesero di predisporre il necessario per consentire ad alcuni sacerdoti di partecipare a distanza ad un ritiro presbiterale. A guidare la meditazione sarebbe stato il padre gesuita Jean Paul Hernandez. Decido di restare in Cattedrale per seguire la meditazione. La riflessione era sul Libro di Giuditta. Quando Hernandez iniziò a leggere il passaggio in cui Giuditta, dopo aver pregato, si spoglia degli abiti quotidiani e si veste a festa per iniziare la sua missione, ho sentito una forte stretta allo stomaco e ho capito che non potevo più perdere tempo, c’era un abito che mi attendeva».

Com’è stata accolta la notizia in famiglia e dagli amici?

«Pochi sapevano del cammino di formazione. Anche se, per la gioia immensa provata quando il Vescovo accolse la mia domanda, avrei voluto gridarlo al mondo. Tra questi c’erano i miei familiari. Per tutti non è stata, a loro dire, una sorpresa».

La sua vocazione matura da adulta. Non era una ragazza casa e parrocchia. Tutto cambia con l’arrivo del nuovo parroco.

«Sono stata educata alla fede cattolica sia in famiglia che a scuola. Poi, a 27 anni, ho scoperto la bellezza di vivere in questa stessa fede. Una mattina bussa alla porta un sacerdote, era il nuovo parroco. Don Mariano Amato era venuto a trovare mamma, malata di artrite reumatoide. In quel periodo stavo mettendo in discussione tanti aspetti della mia vita. Prima di andarsene mi disse: “Perché non vieni a trovarci in parrocchia?”. L’invito l’ho accolto, la parrocchia non l’ho più lasciata».

L’impegno con i giovani, l’Azione Cattolica, e poi la comunicazione, che da passione diventa lavoro. Questi aspetti quanto hanno contributo e influito sulla sua scelta?

«Senza dubbio la mia scelta profuma di Azione Cattolica. Non a caso, nel ringraziamento lasciato alla fine della celebrazione del 10 dicembre, ho chiesto che l’Ac sia, nelle mie giornate, il blu quotidiano che rimanda all’eternità e il giallo che mi spinge ad uscire dai miei gusci. L’Ac mi ha fatto amare la Chiesa. Scoprire la Chiesa ha cambiato la mia vita. E quest’amore influenza ogni giorno il mio lavoro».

Mariangela Parisi riceve il velo – foto Rosario Spanò

Laica consacrata non vuol dire suora? Ci può spiegare le differenze?

«Dopo la consacrazione continuo a vivere il mio quotidiano. Non ho obbligo di vita comunitaria né indosso un abito o altro particolare che mi indichi quale consacrata. Non ho superiori, il mio riferimento è il vescovo diocesano al quale, insieme alla domanda di consacrazione, ho consegnato anche la mia “regola di vita”».

Consacrarsi richiede coraggio o fiducia?

«Richiede libertà e verità».

Lei non vive fuori dal mondo. Vuol dire che ci si può donare a Dio senza dover rinunciare ad abitarlo?

«Il dono di sé è scegliere di stare nella relazione con Dio. Vale per tutti i consacrati. È in questa relazione che impariamo ad abitare le relazioni nel mondo».

Sente il peso della testimonianza?

«Ogni giorno. Ecco perché nel ringraziamento lasciato alla fine della celebrazione di consacrazione ho chiesto agli amici di essere la spina nel fianco che mi spinge ad essere credibile nella testimonianza».

Mons. Francesco Marino impone le mani per la consacrazione – foto Rosario Spanò

Il rapporto con la sua comunità ecclesiale, diocesana e parrocchiale è la sua linfa vitale. La consacrazione ha fatto cambiare qualcosa?

«Ha confermato l’immenso e reciproco amore».

Cosa direbbe alle giovani e ai giovani affinché riescano a contemplare nella loro vita anche la possibilità di donarsi a Dio?

«Direi di lasciar risuonare le domande su Dio, ascoltarle e fidarsi della Chiesa per capire la propria vocazione; di affrontare con responsabilità il proprio cammino di fede, il Signore guiderà i loro passi. Ma sento di ricordare anche a noi adulti che abbiamo il compito di guidare i più giovani in questo discernimento con pari responsabilità, con trasparenza e verità, curando la loro libertà».

Mariangela Parisi – foto Rosario Spanò

Che cosa è l’Ordo virginum?

L’Ordo virginum è una forma di vita consacrata di donne che, corrispondendo al carisma suscitato in loro dallo Spirito Santo, scelgono di vivere il «proposito di castità» per sempre in un contesto quotidiano di vita per essere segno profetico ed escatologico dell’amore della Chiesa vergine e sposa di Cristo.

Il Rito di consacrazione, presieduto dal Vescovo diocesano, nasce nei primi secoli della Chiesa; caduto in disuso, il Concilio Vaticano II, nel 1970, ne ha approvato il ripristino.

Durante la consacrazione le vergini ricevono l’anello e il libro della Liturgia delle ore; si può ricevere anche il velo o altro segno secondo le usanze e le consuetudini approvate. La vergine consacrata può vivere nella famiglia d’origine o da sola o con altre consacrate, sostenuta dal proprio lavoro. Essa redige una “Regola di vita” e il suo riferimento è il Vescovo della Chiesa particolare.

In Italia sono più di 600 e altrettante in formazione, nel mondo sono circa 5000. Tale forma di vita consacrata, sebbene non sia ancora molto conosciuta, sta avendo un grande incremento. Le vergini consacrate in Italia, oltre al cammino formativo nelle proprie diocesi, si riuniscono una volta all’anno per un incontro estivo e un seminario invernale. Quattro consacrate, elette in Assemblea, con un mandato biennale, svolgono un servizio di collegamento tra le varie realtà dell’Ordo italiane.

Domenica De Cicco, consacrata dell’Ordo virginum della Diocesi di Nola e membro del Gruppo per il collegamento Ov delle Diocesi che sono in Italia

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