La cultura del dialogo. L’approfondimento dell’enciclica Fratelli tutti

L’approfondimento dell’enciclica Fratelli tutti si conclude ricordando l’appello al dialogo di papa Francesco e del Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb.

Un bravo medico, chiamato a curare i sintomi di un malanno, non può non interrogarsi sulle cause di quei sintomi. Non è sufficiente occuparsi della povertà senza porla nel contesto di una crescente disparità di opportunità.

Per troppo tempo l’attenzione alle disuguaglianze è stata considerata marginale nel contesto della formulazione delle politiche ed è per questo che facciamo nostro l’appello alle coscienze del Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb: «… chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera. In nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali. In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche d’integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini. In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa. In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede. In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra. In nome di Dio e di tutto questo, […] [dichiariamo] di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio». (FT285). 

San Francesco, nella XXVII Ammonizione, ci insegna: «Dove è misericordia e discrezione, ivi non è superfluità né durezza».

La discrezione è tradita o disattesa quando si manca di carità, la cui origine è sempre la superfluitas, la mancanza di equilibrio.  «Laudato sì, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione», san Francesco nel suo Cantico dà vita a una preghiera nella quale il perdono e la misericordia, in se stesse, intrinsecamente o essenzialmente, sono lode di Dio. Così come in se stesso è lode al Signore ogni atto di carità, ogni gesto di amore verso chi è da sfamare, dissetare, visitare, consolare, accogliere. 

In tale logica umana e cristiana non si dà minimamente spazio ad argomentazioni, discussioni, esami delle ragioni e dei torti.

L’unico gesto che conta per vivere profondamente il perdono è “l’elogio alla follia” – ritenuta dallo stesso Francesco come vera “sapienza” a cui dedicarsi – che esprime l’assoluta volontà di andare contro corrente per assumere decisamente l’utopia evangelica nella sua integralità: un amore che ama sino all’inverosimile, sino al dono totale, sino a perdere se stesso per gli altri come Ungaretti, nella poesia “Eterno”, sinteticamente ma magistralmente chiarisce: “Tra un fiore colto e l’altro donato l’inesprimibile nulla”.

padre Giovanni Caruso

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