Il diritto di votare: il popolo degli esclusi

In vista della prossima tornata elettorale preoccupa l’astensionismo. Ma il fenomeno crescente non ha un solo volto.
esclusi - voto

L’Articolo 3 della Costituzione italiana enuncia: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” .

Fin qui tutto bene. Ma è davvero così nella realtà? In vista delle prossime elezioni del 25 settembre sembrano preoccuparsene (tardivamente) in tanti, mentre si snocciolano i dati degli astensionisti e degli indecisi e tra questi ci si accorge finalmente che ad allontanare tanti dalle urne non è solo la sfiducia nella politica, ma anche dati oggettivi come la lontananza dal comune di residenza, dove poter esercitare il diritto di voto, a causa di inderogabili impegni di lavoro o di studio.

Tra le cause principali dell’astensionismo c’è la lontananza dalla città di residenza

La legge italiana prevede che il diritto di voto, per chi vive all’interno dei confini nazionali, vada esercitato soltanto nel comune di residenza.

È addirittura più facile votare per gli italiani residenti all’estero che per gli italiani che vivono, anche temporaneamente, in una zona d’Italia diversa da quella in cui risiedono.

Chi vive all’estero, infatti, ed è iscritto nelle liste elettorali dedicate può votare per corrispondenza.

Gli elettori temporaneamente all’estero, per un periodo minimo di tre mesi a cavallo del 25 settembre hanno potuto richiedere di votare per corrispondenza facendo pervenire la richiesta al Comune di iscrizione nelle liste elettorali entro il 24 agosto scorso.

Per la prima volta i 18enni votano sia per la Camera sia per il Senato

Tra il popolo degli esclusi tanti rientrano nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni e se non riuscissero a far ritorno nei comuni di residenza in occasione del 25 settembre, mancherebbero alla prima occasione di vedersi consegnata, oltre a quella della Camera dei Deputati, anche la scheda elettorale del Senato della Repubblica.

Con la legge n. 1 del 18 ottobre 2021 è stato modificato l’articolo 58 della Costituzione, cancellando il limite dei 25 anni di età previsti in precedenza, il cosiddetto elettorato attivo. Invece, l’elettorato passivo, cioè l’obbligo di avere 25 anni per essere eletti alla Camera e 40 al Senato è rimasto intatto.

Sono quasi 4 milioni i giovani, tra i 18 e i 24 anni che hanno ottenuto l’elettorato attivo per il Senato, oltre l’8% della totalità dell’elettorato previsto.

Chi pensa o ha pensato a loro mentre in campagna elettorale dai vari partiti ci si affanna alla “chiamata al voto” se non attivi comitati civici che chiedono da anni di implementare un sistema di voto a distanza? Ma i politici italiani, piuttosto, tentano la carta social più che quella costituzionale e sbarcano su Tik Tok in cerca di consensi.

C’è da chiedersi, se sono i cittadini ad avere perso interesse (e fiducia) nella politica o è la politica che ha perso interesse verso i cittadini. Ma la risposta inizia ad essere abbastanza ovvia.

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