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Scuola, finale di partita, guardando avanti

La scuola non può essere una scatola sigillata. Deve guardare il mondo senza pregiudizi e inserirsi nel flusso vitale della popolazione a cui si rivolge.
apprendere - scuola - invalsi

La scuola è allo sprint finale, ormai i giorni che separano dalla fine delle lezioni sono davvero pochissimi. Gli ultimi voti pubblicati nelle caselline del registro elettronico decreteranno l’esito dell’anno scolastico per molti studenti ancora “appesi” al risultato dell’interrogazione last minute o della verifica di recupero. Sarà un’estate felice e spensierata anche per loro? La prima settimana di giugno pare rivelatoria.


Poi, oltre il traguardo della campanella che sancirà la fine delle lezioni, ecco gli esami di Stato pronti ai nastri di partenza. Gli studenti coinvolti, tra scuola secondaria di primo e secondo grado, saranno circa un milione. L’edizione “maturità 2022” sancisce un ritorno alla semi-normalità, con un incremento delle prove rispetto agli ultimi due anni fortemente segnati dall’emergenza pandemica.

Nella scuola secondaria di primo grado gli alunni affronteranno due prove scritte (in luogo delle tre tradizionalmente previste nell’era pre-Covid): italiano e matematica le discipline interessate. A esse seguirà un colloquio orale su tutte le materie curriculari. Anche nella secondaria di secondo grado le prove scritte quest’anno saranno due, riguarderanno l’italiano e una delle materie d’indirizzo.

Il colloquio orale sarà incentrato sull’analisi di un materiale scelto dalla commissione (testo, documento, immagine, progetto). Gli esaminatori approfondiranno poi la preparazione degli studenti nell’ambito del percorso effettuato in educazione civica e valuteranno le esperienze di PCTO.

Insomma, non resta che aprire le danze e affrontare questi passaggi così importanti in una situazione di “quasi” normalità.

Giugno è anche tempo di bilanci, non solo di scrutini ed esami. Da settembre a oggi il tempo è trascorso in fretta, eppure è stato denso e pieno di questioni da risolvere. Il Covid non ha dato tregua fino alla primavera inoltrata e la didattica ne ha senz’altro risentito.

I ragazzi hanno sopportato con pazienza i protocolli di sicurezza e la rigidità legata alla prevenzione dei contagi. Orari scaglionati, distanziamento, quarantene, DAD e DDI, sconforto e abbattimento… Momenti di criticità che hanno fatto emergere lacune nell’organizzazione scolastica, oberata nelle sue mansioni e chiamata a svolgere compiti per i quali insegnanti e operatori non sono adeguatamente formati, financo estranei alla professione stessa.


Questo surplus di procedure e protocolli ha contribuito a burocratizzare sempre più le scuole, facendo perdere pericolosamente di vista la missione pedagogica che ogni istituto dovrebbe perseguire prioritariamente, gli obiettivi educativi e l’autentica formazione di docenti e operatori.

Il dato che maggiormente preoccupa è lo scollamento che pare sempre più evidente tra didattica e interessi degli studenti, il divario fra i linguaggi, i valori e i codici di riferimento antitetici. La scuola è nel pieno della crisi che investe l’intera società e cerca di attraversarla con i suoi mezzi di fortuna, spesso finendo ingenuamente tra le spire di attacchi mediatici strumentali.

Ma l’istituzione scolastica è anche un po’ vittima di sé stessa, chiusa e arroccata ancora in posizioni anacronistiche. C’è bisogno di una comunicazione più chiara, di metodologie più efficaci, di ambienti più stimolanti e inclusivi, di formazione di qualità, di un sistema di reclutamento che non chieda agli aspiranti insegnanti soltanto di crocettare risposte a domande nozionistiche.

Occorre una revisione dei contenuti e del sistema delle discipline, una maggiore flessibilità e soprattutto è urgente uscire dal magico perimetro della cattedra.


Serve “motivazione” e questo aspetto non riguarda soltanto i ragazzi. Molti insegnanti sono abbrutiti e sfiduciati e non credono più in quello che fanno.

La scuola non può essere una scatola sigillata. Deve guardare il mondo senza pregiudizi e inserirsi nel flusso vitale della popolazione a cui si rivolge. Il gioco dei ruoli non funziona più, ma la preparazione e la professionalità sono ancora riconosciute e valorizzate da studenti e famiglie. Portano buoni frutti se applicate al cambiamento e sono in grado di dare a esso un volto umano.


Silvia Rossetti

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