Da 124 anni sono un punto di riferimento dell’oreficeria e della gioielleria in provincia di Salerno. Nello store di San Clemente a Nocera Superiore si realizzano ancora monili con la passione di un tempo, i piedi ben saldi nella storia anche antica e lo sguardo rivolto al futuro grazie alle nuove tecnologie.
È la storia di artigianalità e dedizione della famiglia Cicalese iniziata nel 1898 da Antonio Cicalese, passata per il figlio Michele, ed oggi portata avanti dal nipote Nicola e dai suoi figli Michele jr e Sergio. Quattro generazioni che si sono meritate il riconoscimento di Impresa storica d’Italia.
Dal negozietto di oreficeria ed orologeria di palazzo Villani l’offerta si è ampliata, passando prima a palazzo Pepe e poi, divenuto punto di riferimento non solo per i nocerini, nell’attuale sede al civico 106 di via San Clemente.
Un successo quello dei Cicalese che non ha ricette magiche: «Noi ci mettiamo la passione e la professionalità». A dirlo è Michele jr, maestro orafo diplomato all’istituto d’arte “Benvenuto Cellini” di Valenza Po, patria dell’oreficeria italiana, che insieme al fratello Sergio anima la bottega sotto la guida saggia di papà Nicola. È lui che risponde alle domande di Insieme.
Cosa ha di affascinante la gioielleria?
«Realizzare un gioiello da un disegno e poi vederlo indossato dà una sensazione unica, è emozionante. Questo è uno dei motivi di orgoglio e soddisfazione per tutto ciò che cerchiamo di portare avanti con passione e professionalità».
In 124 anni questa bottega ha visto guerre, stravolgimenti politici, non ultima la pandemia. Come si resiste?
«La pandemia non è ancora superata. Abbiamo attraversato un momento molto particolare, ma questo riguarda tutti. Il nostro settore forse è stato tra quelli più penalizzati perché trattiamo beni di lusso e non di prima necessità. Noi però non ci siamo dati per vinti. Durante questi due anni ne abbiamo approfittato per aggiornarci da remoto, per impreziosire il nostro bagaglio culturale e settoriale. Poi abbiamo cercato di tenere vivo il rapporto con i nostri clienti attraverso il digitale».
Avete approfittato per sviluppare ulteriormente l’e-commerce, ma anche i social media?
«Abbiamo cercato di digitalizzare ulteriormente l’azienda, anche se siamo da sempre molto sensibili a questi aspetti. Per l’e-commerce, il nostro sito è stato tra i primi in Italia. Nella “normalità” questi aspetti rischiano di passare in secondo piano, perché ci dedichiamo alla clientela, al rapporto diretto. In questi due anni ne abbiamo approfittato per migliorarci ulteriormente da questo punto di vista».
Possiamo, quindi, dire che il segreto del vostro lavoro è il contatto con il cliente, che diventa quasi una persona di famiglia.
«Sì, abbiamo fidelizzato sempre di più la nostra clientela. Prima della pandemia ospitavamo anche momenti culturali. C’è chi passava anche solo per un saluto. Questa fidelizzazione ora si amplia attraverso gli strumenti digitali».
I clienti sono importanti, ma anche il territorio. Siete nella stessa strada da 124 anni e poi dedicate una linea di gioielli a Nuceria.
«Il nostro rapporto con il territorio è fondamentale. Ho pensato di realizzare una serie di monili che riproducono all’interno di ogni gioiello l’antica moneta di Nuceria Alfaterna, il didrammo. Ho creato il brand Made in Nuceria, l’ho registrato e l’ho presentato alla Borsa del turismo archeologico di Paestum. All’epoca eravamo l’unica archeo startup della Campania. Da qui è nata questa esperienza che mi porta a realizzare gioielli unici in argento o in oro che rievocano l’antica storia di Nuceria. I preziosi sono attualmente distribuiti anche in alcune gioiellerie presenti in località turistiche della nostra regione. Credo che questo sia il minimo che potessimo fare come azienda per omaggiare Nuceria».
Il lavoro, oggi, per voi cos’è?
«Percepisco un ritorno all’artigianalità in senso generale, non solo nel nostro settore. Siamo nell’epoca della globalizzazione, che ha portato alla massificazione dei prodotti. Tuttavia, i clienti ci chiedono di realizzare gioielli unici, personalizzarli. Credo che il futuro sia questo. Anche se può sembrare un ritorno al passato, penso che sfruttando al meglio le moderne tecnologie si possa vivere una nuova stagione dell’artigianalità».
Essere tra le imprese storiche d’Italia è un punto di arrivo o il pungolo per fare meglio?
«Certamente è uno stimolo a fare ancora meglio. Il riconoscimento lo abbiamo ottenuto in piena pandemia. È stato per noi un segnale, la spinta per affrontare un momento molto delicato e particolare, per prepararci al meglio alle nuove sfide del futuro».
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