“Abbiamo bisogno di dialogare”

«Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio». (FT 198). Continua l’approfondimento dell’enciclica di papa Francesco.

 «Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto» (FT 198). 

Non si avrà mai un dialogo vero e sincero se la relazione avrà come protagonisti l’ipocrita che con le sue parole inganna con false promesse. Colui che ascolta, non potendo fare altro, deve sperare che prima o poi qualcosa cambi. Nutrendosi di illusioni, sogna di rendere possibile un desiderio o un bisogno tanto atteso. 

Riconoscere la diversità per intraprendere un dialogo profondo e credibile si concretizza quando, in possesso di una condivisione empatica, desideriamo entrare nel processo dinamico di una fraternità nella quale “per il prossimo” siamo disposti a sacrificare noi stessi per renderci pienamente partecipi della sua attuale condizione. Riconosciamo il Bene solo quando è sincero, capace di assumere una compassione che trova forza nella consistenza di una vita interiore che ha come “pietra d’angolo” la testimonianza fino alla morte: “Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8, 34-35). 

Il lavoro di introspezione che siamo chiamati responsabilmente a realizzare ogni giorno vivifica interiormente una considerazione del prossimo la quale, se da un lato ribadisce la consapevolezza che l’uomo è un mistero irraggiungibile nella sua essenza – “Voi vi proclamate giusti, ma Dio conosce i vostri cuori” (Lc 16,15) –, dall’altro lato ci si impegna a tracciare una breccia nel suo cuore, una luce che rischiara il cammino, una verità velata che, pian piano, rivelandosi genera stupore e una perenne sospensione di giudizio in attesa di una manifestazione che annuncia una “presenza-assenza” che sfugge ad ogni definizione. 

Promuovere il dialogo presuppone accogliere la logica delle beatitudini, forse una più di tutte le altre: “Beati i miti, perché loro erediteranno la terra” (Mt 5,4).

La mitezza non trova spazio in ogni forma di prepotenza materiale e morale, predilige il dialogo alla sopraffazione, persegue la pace e il perdono, si fa carico della vita altrui, in contrapposizione al qualunquismo e all’irresponsabilità. «Alcuni provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi privati, e altri la affrontano con violenza distruttiva, ma «tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo» (FT 199). 

padre Giovanni Caruso

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