Lo stile comunicativo passivo

Alcune persone temono il giudizio degli altri, fanno fatica a rifiutare le richieste, tendono a sottomettersi al volere altrui. Qualche consiglio per imparare a riconoscere lo stile comunicativo passivo.
stile aggressivo

Cari lettori, 

continuiamo il nostro viaggio alla scoperta degli stili di comunicazione. Questo mese analizziamo quello passivo, incentrato sulla rinuncia ad esprimere le proprie idee ed emozioni (rabbia, dolore, paura, frustrazione) piegandosi, nella maggior parte dei casi, alla volontà e alle decisioni degli altri per il timore di essere giudicati o, semplicemente, rifiutati dall’altro.

Cosa spinge queste persone ad usare la passività? 

Spesso uno stile di comunicazione passivo è indotto dalla necessità di evitare conflitti. Accondiscendere alla volontà e alle idee degli altri dona sollievo alla paura di essere rifiutati. L’idea di esporre le proprie emozioni e le proprie reali necessità genera il timore del giudizio o la paura di commettere un errore che potrebbe essere considerato come la prova del proprio fallimento. Tutto questo spinge la persona ad agire evitando di esporsi, rimanendo innocui con la speranza di superare indenni l’interazione.

Se tutto ciò da un lato dona un repentino sollievo nel confronto diretto con gli interlocutori, dall’altro innesca nella persona la convinzione che sia l’unica modalità praticabile per fronteggiare il confronto con l’altro.

In parole povere: se abbiamo sempre paura di essere giudicati o di sbagliare, non riusciremo a dire di no alle richieste degli altri, sentendoci costretti a dire sempre di sì, oppure avremmo difficoltà a manifestare le nostre emozioni a persone che abbiamo appena conosciuto.

Questo meccanismo accresce sentimenti di frustrazione e disistima, insieme alla sensazione di incapacità nella gestione delle situazioni. Altera la visione che diamo agli altri, considerati sempre migliori e superiori, anteponendo i loro bisogni ai propri: l’altro diventa colui di cui abbiamo bisogno per andare avanti. A lungo andare, tale condizione diventa insostenibile per la persona, arrivando a momenti di esplosione disregolata di rabbia, passando all’estremo opposto del continuum: l’aggressività.

Come fare?

Come ribadito lo scorso mese, imparare a riconoscere questa modalità comunicativa è un primo e importante passo per comprendere meglio i nostri bisogni e le nostre reali necessità. Se questi comportamenti risultano difficili da estirpare, un confronto con un professionista potrebbe essere la soluzione più funzionale.

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