Le grandi abbuffate e i festeggiamenti interminabili sono croce e delizia degli invitati ai matrimoni. Il Covid-19 si è abbattuto anche su questa consuetudine, quasi da far provare un po’ di nostalgia. Negli ultimi anni forse si è un po’ esagerato. Tra temi, colori, segnaposto, bomboniere e serenate si è persa di vista la bellezza dello stare insieme. Un’asticella alzata di continuo, che foraggia l’industria dei matrimoni che in tempo pre-pandemico movimentava miliardi di euro.
Secondo Assoeventi Confindustria il fatturato del comparto nel 2019 è stato di 33 miliardi e nel 2020 ha subito un calo del 90%. Gli eventi annullati sono stati l’80% rispetto al 2019, con una perdita per l’indotto di circa 60 miliardi. A ciò si aggiungono le altre cerimonie saltate: battesimi e prime comunioni, ma anche feste di laurea e compleanni. Con la ripresa delle attività la situazione è andata migliorando, c’è fiducia per il 2022, ma sul terreno sono rimasti tantissimi feriti.
Eppure la gioia di condividere il momento di festa è sempre stata tale.
Lo dimostra L’Osteria della Volpe-A Nofi si mangia così, una raccolta di fogli manoscritti e dattiloscritti di Domenico Rea curato da Vincenzo Salerno per Dante&Descartes.
Tra le varie curiosità sulla cucina dell’epoca, Rea riporta anche il menù del matrimonio di un suo ex compagno di classe.
I 63 invitati, tra cui l’autore di Ninfa plebea, mangiarono: «Fettata di salame; fettata di provolone; fettata di capocollo; varie stirpi di olive; vino bianco dolce e frizzante, detto di Pasqua; maccheroni imbottiti crollanti di polpettine, salame e mozzarella filante; fettata di carne imbottita d’ova e cacio; braciole con aglio prezzemolo e pepe; pollo con pomidoro; una cerna lunga quanto il tavolo; capretto al forno frutta secca accompagnata da fettine di pizza rustica; fonduta di crema e savoiardi, il tutto annaffiato da quattro tipi di vini di produzione propria. Indi caffè, confetti e liquore Strega».
Il tutto inframezzato con: «Sonatine di chitarre e mandolini. Macchiette. Farse. Ballate piuttosto spinte sotto il pergolato. Facezie».
Insomma, il bello di stare insieme, «oh antiche usanze», sottolineava lo scrittore Premio Strega, che tuttavia sono rimaste anche un po’ nostre.
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