Nessuno sia lasciato solo

Fino a quando si continuerà a nascere e a morire senza nessuno accanto? Il punto nell’editoriale del numero di novembre di Insieme a cura del direttore Salvatore D’Angelo.

È un po’ forte come affermazione ma credo sia abbastanza diffusa come considerazione. Il Covid-19 ha travolto e stravolto tutte le nostre certezze e consuetudini. Ne siamo consapevoli.

Gli ospedali sono diventati off-limits per familiari e amici dei ricoverati. In alcuni casi per gli stessi assistiti che, specialmente durante la prima ondata, hanno dovuto rinunciare ad esami clinici e diagnostici.

Con il trascorrere dei mesi, sono state adottate una serie di strategie per favorire la ripresa delle attività. Una scelta obbligata per evitare che la crisi sociale ed economica scaturita da quella sanitaria si aggravasse ulteriormente. Non si è agito solo su questo fronte. Si sta assistendo, nonostante il virus faccia sentire con forza la sua presenza, ad una graduale normalizzazione delle cose. Sempre più studiosi sono concordi nell’affermare che diventerà endemico.

Ma allora perché non si studiano protocolli per consentire a un marito o a una moglie, a un figlio, un padre o una madre di tenere per mano un proprio congiunto mentre vive il tempo della sofferenza? O quello della gioia per l’arrivo di un bebè? Nell’epoca pre Covid-19 anche nelle Terapie intensive, quando i medici si accorgevano che ormai non c’era più nulla da fare, si concedeva ai familiari di porgere l’ultima carezza a chi stava per morire.

Non diciamo che si debba ritornare alle carovane di parenti e amici che affollavano le corsie, per carità. Si studino tuttavia misure affinché una persona possa stare un’ora al giorno accanto a chi è in un letto di ospedale. Si consenta di stare vicino ad una moglie nel momento del parto, ad un genitore che vive il tempo della vecchiaia, ad un figlio che sente il peso della solitudine.

Esiste una circolare ministeriale che regola gli accessi nelle corsie con il green pass e rispettando i protocolli standard come l’utilizzo di mascherina e la sanificazione delle mani. Il problema è che le Regioni si muovono a discrezione. In Lombardia, in Emilia Romagna o nel Lazio c’è chi fa accedere a giorni alterni un solo familiare, chi concede un’ora al giorno, chi ancora favorisce la presenza di un caregiver per tutta la durata del ricovero quando si tratta di situazioni di fragilità estrema.

In Campania la situazione è molto confusa. Si valuta situazione per situazione, ospedale per ospedale. In alcuni casi anche reparto per reparto. Si attende una direttiva regionale affinché la gestione sia uniformata.

«Nessuno sia lasciato solo, ognuno possa ricevere l’unzione dell’ascolto, della vicinanza, della tenerezza, e della cura», ha affermato papa Francesco lo scorso 11 luglio durante l’Angelus recitato affacciato al balcone del 10° piano del Policlinico Universitario “A. Gemelli”, dove era ricoverato per un intervento al colon.

Una raccomandazione da non sottovalutare.

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